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Visualizzazione dei post da 2012

L’ACUTO, IL GRAVE, IL CIRCONFLESSO

GLI ACCENTI Non ci facciamo gran caso, ma la nostra lingua può disporre di due specie di accenti tònici: l’accento grave, un segnetto che va da sinistra verso destra (`) e indica il suono largo o aperto delle vocali e ed o; l’accento acuto, che va da destra verso sinistra (´) , e serve a indicare il suono chiuso o stretto delle stesse vocali.  Perciò se io scrivo caffè, quell’accento grave sulla vocale è segnala che va pronunciata aperta; se invece scrivo perché vuol dire che la é finale va pronunciata chiusa.  E allora, scrivendo, abituiamoci a usare i due diversi accenti secondo il suono che dobbiamo dare alla sillaba tonica in vocale e.  Lo stesso per la o, che in sillaba finale tronca ha quasi sempre il suono aperto: però, amò, falò, ma che nel corpo della parola può a volte avere anche suono chiuso, come in fóro, cólto, cómpito eccetera. Sulla vocale a, che ha sempre per natura suono aperto, l’accento non creerà problemi: sarà sempre grave, come in città, verrà, papà eccete

ABILE, DISABILE E UNA PARENTESI SULL’EUFEMISMO

Dal verbo latino “habere”, cioè avere, deriva habilis nel significato di maneggevole, adatto. Ecco l’origine del nostro abile, che ricopre una vasta gamma di significati, da “capace” a “provetto”. Inoltre, - abile è diventato, nella nostra lingua, un diffusissimo suffisso che, unito a verbi della prima coniugazione, dà luogo ad aggettivi che indicano idoneità: mangiabile, trasportabile, stirabile; oppure qualità morale: amabile, stimabile, deprecabile eccetera.  Nel caso di carrozzabile invece l’aggettivo è formato dal suffisso -abile unito ad un sostantivo: carrozza. Il contrario di abile è inabile, cioè “incapace” .  Quando l’incapacità deriva da limitazioni fisiche abbiamo disabile .  C’è chi dice diversamente abile, ritenendo che dis-abile crei una dis-criminazione. E questo secondo l’etimologia, dal tardo latino discriminatio, vorrebbe dire distinzione, separazione, e peggio ancora, esclusione.  Ma siamo sicuri che l’eufemismo diversamente abile sia più rispettoso che

A ME MI PIACE...

A ME MI PIACE...SI DICE O NON SI DICE Nella pubblicità televisiva di un caffè un famoso attore comico si è servito di questo “ a me mi piace ” pensando di fare una simpatica sgrammaticatura per attirare l’attenzione.  L’attenzione c’è stata senz’altro; la sgrammaticatura no. Si tratta semplicemente dell’uso di un elemento sovrabbondante , inutile secondo la logica, ma utilissimo per dare alla frase un’efficacia particolare .  È insomma la scelta dello stile che giustifica la lieve forzatura grammaticale dell’espressione: il valore rafforzativo di quel mi pleonastico è chiaro.  Altri esempi: “a me non me la dai a intendere”; “lo so che a te non ti va questa faccenda”, “a voi non vi dirò più niente”. Ma attenzione: non dimentichiamo che la frase non solo corretta, ma anche preferibile nel novanta per cento dei casi è “a me piace”, e così dicasi per gli altri esempi: “a me non la dai a intendere”, “lo so che a te non va questa faccenda”, “a voi non dirò più niente”. A me mi, a

Concorso italiano a Torino- Il vincitore!

Congratulazioni! Intanto inizio subito col ringraziare i tantissimi amici che hanno partecipato al concorso (leggete fino in fondo c'è comunque un regalino per tutti)! DETTO QUESTO ARRIVIAMO AL DUNQUE TANTI....... TANTI....... TANTI.... AUGURI A AMPARO NAVARRO MARTINEZ Al vincitore del concorso "Italiano a Torino" VA: • Un corso di lingua italiana di 20 ORE(UNA SETTIMANA).   Il corso si svolgerà in un gruppo e lo studente riceverà il kit didattico della scuola (zainetto, quaderno, biro, cartellina e mappa di Torino a marchio AbbeySchool e anche il materiale didattico costituito da libri  + eventuali materiali integrativi).  • Una visita guidata della città  in italiano o inglese con  Somewhere . Il corso si terrà alla AbbeySchool CiaoItaly di Torino, diretta da Chiara Avidano! AMPARO hai tempo un anno per usufruire del corso, puoi metterti in contatto tu stesso con la scuola e la Signora Chiara, per concordare la data e avere ulteriori infom

La marescialla e il maresciallo

  MARESCIALLO = in Italia, grado supremo nella gerarchia militare dei sottufficiali: maresciallo capo; in eserciti stranieri e anche in Italia nel periodo fascista, il grado più alto di tutta la gerarchia militare. Come modo di dire: essere un maresciallo =  significa essere una persona che comanda in maniera autoritaria e despota , che fa rigar dritto tutti, anche di persona integerrima ma piuttosto rigida. In senso ironico si può sentire marescialla, per indicare una donna che in casa tiene le redini della situazione, comandando il marito. Una donna forte che comanda tutti a bacchetta. comandare a bacchetta = comandare in maniera autoritaria, e rigida. La bacchetta (o bastone, mazza, scettro) è un antichissimo simbolo di comando: si pensi allo scettro dei sovrani, al bastone dei comandanti di eserciti (il bastone dei marescialli), fino alla bacchetta del maestro, un tempo adoperata anche per impartire punizioni corporali. Una simpaticissima canzoncina sulla maresciall

Modi di dire con bestia

Per bestia s’intende in generale l’animale, con esclusione dell’uomo. Usata in molte similitudini mira a esprimere l’idea di comportamenti e modi di essere dell’uomo indegni e inumani, ossia più propri delle bestie: da bestie = in modo duro e pesante ( Lavoro da bestie ) essere trattati come bestie = come animali, in maniera disumana, malissimo essere una bestia rara = essere una persona fuori dal comune In molte locuzioni figurative esprime l’immagine della forza bruta, che non si può capire né controllare: andare in bestia = arrabbiarsi in modo violento, andare su tutte le furie ( Lo hai fatto andare in bestia! ) bestia nera = incubo, ossessione, paura ricorrente ( La matematica è la mia bestia nera. ) brutta bestia = cosa o persona difficile da domare o controllare, che prende il sopravvento che bestia! = uso spregiativo per indicare persona sciocca o stupida

RAPSODEUS

Cosa ne pensate di questo video? Che cos'è secondo voi la luce che inseguiamo dall'alba dei tempi e per cui siamo pronti a "passare sopra ogni cosa"? Qual è la soluzione? Ditemi la vostra...

Il mostro...l'uomo nero!

Ci sono eventi  tanto mostruosi e brutali da essere in grado di scuotere l'animo di chiunque. Il giorno dopo che si sono verificate simili tragedie, si mobilita l'opinione pubblica, i giornali, le televisioni, le comari dal parrucchiere non parlano che dell'ultima strage, dell'ultimo fatto di cronaca. Poi i giorni passano e ne resta solo il ricordo...ricordo sì, perchè di delitti come quello che è stato compiuto in America ce ne sono stati tanti, troppi, e comunque non è cambiato nulla. Le armi restano a portata di tutti, e un certo perbenismo o menefreghismo globale ci porta di fondo a non impicciarci più dei fatti degli altri, neppure quando notiamo che una persona ha dei problemi o potrebbe crearne! Sì perchè ciò significherebbe agire, denunciare, prendere posizione e pensare a soluzioni che molto spesso sono difficilissime da trovare e richiedono coraggio. Quanti mariti o uomini avevano dato chiari segni di squilibrio prima di arrostire, tagliuzzare o crivell

La mazza

La mazza è un grosso bastone o randello, può indicare anche una specie di martello molto grosso e pesante dal manico lungo che serve per battere il ferro. In campo sportivo esistono la mazza da baseball, da golf e da cricket; in questo caso mazza è ancora sinonimo di bastone. In linguaggio gergale mazza è sinonimo di pene (volgare-cazzo) e forma così un numero ampio di espressioni figurate, la versione maschile mazzo è invece volgarmente sinonimo di fondo schiena (culo-deretano): non capire una mazza=non capire un cazzo=non capire nulla È inutile che glielo spieghi, non capisce una mazza! non vedere una mazza=non vedere un cazzo= non vedere niente È troppo buio, non ci si vede una mazza! non valere una mazza= non valere un cazzo= non valere ninete Quel medico non ne fa una giusta, non vale proprio una mazza! fare un mazzo così= picchiare, fare del male Se non mi lasci in pace ti faccio un mazzo così! farsi il mazzo= lavorare con molta fatica per ottenere uno scopo Per ar

Si dice...o non si dice?

A OPPURE IN? È facile sentir dire: “Abitiamo a piazza Navona”, “Rapinato un negozio a via Nazionale”. Ma altrettanto facile e frequente è: “Abitiamo in piazza San Babila”, “Rapinato un negozio in viale Padova”. Quale dei due usi è più corretto? Qui non è questione di corretto o di scorretto: tutte e due le preposizioni, a e in, hanno la funzione di introdurre un complemento di stato in luogo.  Forse se ne può fare, con le dovute cautele, una questione di sfumatura stilistica: a è un po’ più indeterminato; in tende a definire con maggior precisione.  Per esempio, diremo di preferenza “Abito a Genova” perché è uno stato in luogo ampio e poco definito (in quale quartiere, in quale via di Genova?); ma diremo “Abito in piazza De Ferrari” perché qui la localizzazione è ben definita.  E mettendo insieme le cose, diremo “Abito a Genova in piazza De Ferrari”.  È soltanto un suggerimento, siete liberi di fare come volete.  Ma guai a voi se direte “Abito in Genova a piazza De Ferrari”.

Parliamo italiano- La fonetica

La fonetica italiana Eccoci ancora qui con le nostre lezioni di fonetica e un paio di regole per aiutarvi nella pronuncia: Tutti i sostantivi italiani che finiscono in ógna hanno sempre e senza nessuna eccezione suono chiuso!   Per indicare quali vocali vanno pronunciate aperte e quali chiuse si usano due tipi di accento fonico :             Accento grave:             ò è per indicare le vocali da pronunciare aperte (Es.: pòdio, sèdia)             Accento acuto:             ó é per indicare le vocali da pronunciare chiuse (Es.: bórsa, perché)

LA PREPOSIZIONE DI

La preposizione DI indica generalmente proprietà, ossia possesso e appartenenza (Il sedere di Giuliana, è proprio ben fatto!)) o anche di caratteristica specifica, propria di qualcuno o qualcosa (Giuliana è una bella babbuina di 4 anni!). Sotto il profilo grammaticale stretto è la preposizione che introduce il complemento di specificazione che corrisponde al genitivo latino. Indica appartenenza o possesso La macchina di Luigi. La borsa della nonna. (In questo caso la preposizione è articolata, della= di+la) Indica denominazione L'isola d'elba. Indica argomento Che noia, parlano sempre di ragazzi! Indica tempo determinato D'inverno nevica spesso, perché fa freddo. Indica provenienza Sono di Roma. Indica il secondo termine di un paragone Sono più sfigata di te Indica materia Un tavolo di legno Specifica il contesto, indica limitazione È debole di cuore. Indica qualità É una persona di grande integrità m

A OPPURE AD? E OPPURE ED?

Ecco la famosa questione della d eufonica, cioè di quella d che viene aggiunta alla preposizione a trasformandola in ad e alla congiunzione e trasformandola in ed quando sono seguite da parola che comincia per vocale. Lo scopo è di rendere il suono più gradevole: eufonica vuol dire, infatti, che dà un buon suono (dal greco eu phonè). Così a altri diventa ad altri, e era diventa ed era, a un certo punto diventa ad un certo punto, e ogni volta diventa ed ogni volta. C’è stato un lungo e tormentato dibattito sulla d eufonica, e fino a una cinquantina d’anni fa essa sembrò prevalere. Poi ha perso terreno. Ora, la conclusione generalmente condivisa è questa: eliminiamo la d eufonica quando la a o la e sono seguite da parola che cominci per una vocale diversa. Per esempio, diciamo e scriviamo a osservare, non ad osservare; e anche, non ed anche. Eccezione, ormai imposta dall’uso, ad esempio, non a esempio. Quando invece a ed e sono seguite da parola iniziante per la stessa vocale, la d e

Olio di gomito

LANDAIE LAVATOI E LA BELLA LAVANDERINA

Canzoni dal gusto antico, canzoni vecchie che cantavano le nonne e che parlano di un passato ormai dimenticato. Camminando per alcune città italiane, nella mia per esempio (Vicenza), si vedono ancora i vecchi lavatoi, sì perché una volta mica c’erano le lavatrici! Fare il bucato era un’operazione faticosa, lunga e scomoda che richiedeva olio di gomito …le belle lavanderine lavavano i loro paneselli (i loro panni), o al fiume (se lo avevano vicino) o in lavatoi di pietra pubblici. A pensarci bene doveva essere terribile, caricarsi chili di bucato sulle spalle e partire in ogni stagione per andare a lavarli, l’acqua di fontane e fiumi non era riscaldata, e così anche d’inverno, fare i panni non era certamente un passatempo divertente. Tutto sommato però a guardare le foto, il tutto ha una gran poesia, la poesia dei tempi in cui le cose non erano facili e a portata di mano, in cui anche azioni semplici, quotidiane e necessarie richiedevano tempo e pazienza, in cui le casalin

La Meritocrazia

Oggi in Italia si sente spesso parlare di concetti come meritocrazia, burocrazia e raccomandazioni …conoscete il significato di queste parole? In questo video del grande Bruno Bozzetto si parla proprio del tema meritocrazia, ponendo l’accento sul fatto che una società che non si basa sul merito e sulle capacità ma sulle “raccomandazioni”, non può funzionare ed essere produttiva. Voi cosa ne pensate? E così solo in Italia o anche nel vostro paese? LA MERITOCRAZIA DI BRUNO BOZZETTO L’Italia è intossicata ha troppi parassiti sono gli amici e gli amici degli amici incapaci, lavativi, smidollati poltornizzati , da tutti quei politici tipici, che aiutano chi li vota e non chi vale polverizzando il merito e valorizzando il male qui si premia il ladro, invece del corretto si prende a calci il valido, invece del furbetto Ed i cervelli emigrano i cervelli fuggono la sola cosa seria è la meritocrazia premiare chi ha talento e non la porcheria In