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Vivere in una fetta di polenta!


Casa Scaccabarozzi-La Fetta di Polenta-Torino
Casa Scaccabarozzi, nota più familiarmente dai torinesi come la Fetta di Polenta, si trova a Torino, nell'odierno quartiere Vanchiglia, un tempo detto Quartiere del Moschino, all'angolo fra Corso San Maurizio e via Giulia di Barolo. 
L'ingresso dell'edificio si trova al civico 9 di via Giulia di Barolo.
Se siete a Torino e dopo aver visitato la famosissima Mole Antonelliana vi resta un po’ di tempo allora dovete assolutamente andare a vedere un'altra opera dell’architetto Alessandro Antonelli: la Casa Scaccabarozzi più nota sotto il nome di Fetta di Polenta.
Il palazzo dalla forma trapezoidale-triangolare iniziato a costruire nel 1840, conta 6 piani più due interrati e non potrà che stupirvi con le sue bizzarre dimensioni:  alto circa 27 metri in totale e con 16 metri su Via Giulia di Barolo, 5 metri su Corso San Maurizio e solo 54 centimetri di parete dalla parte opposta a quella del Corso.
Anche i balconi e le finestre sono di dimensioni contenute e nel lato di 54 centimetri, l’estroso architetto ci fece persino incastrare anche la canna fumaria, per ottimizzare al massimo l’uso degli spazi.
La storia racconta che l’Antonelli avesse da lungo tempo il desiderio di costruire nel centro di Torino un palazzo a titolo d’investimento, con appartamenti da affittare e vendere; gli capitò allora l’occasione di comprare nelle vicinanze del Caffè Progresso (di cui aveva curato i decori interni) un pezzo di terreno edificabile, rappresentato però da una striscia di terreno lunga ma strettissima.
L’Antonelli contava di poter allargare il terreno acquistando in un secondo momento un pezzo vicino, ma il proprietario gli mise i bastoni tra le ruote opponendosi in modo fermo e respingendo ogni offerta, e fu così che egli si ritrovò con una striscia di terreno su cui nessuno pensava fosse possibile costruire una casa.
Il rifiuto del proprietario e la situazione avversa non fecero altro però che spronare l’Antonelli a cercare una soluzione, era un uomo di temperamento l’architetto e quella sfida doveva essergli sembrata troppo interessante per lasciarsela scappare; fu così che nacque il progetto di casa Scaccabarozzi, dal nome di sua moglie.
L’opera attirò l’attenzione di tutti i torinesi che la guardavano con interesse, curiosità ma anche una sana dose di scetticismo, infatti, inizialmente nessuno volle abitare nella Fetta di Polenta, la convinzione generale era che l’edificio fosse insicuro e destinato a cadere.
 Per provare il contrario furono proprio l’Antonelli e la moglie ad andarvi ad abitare per primi.
Ma la Fetta di Polenta si rilevò tutt’altro che fragile e resistette a numerosi eventi, quali l’esplosione del Polverificio di Borgo Dora nel 1851 che lesionò molti edifici della zona, e il terremoto del 1887 che rase quasi completamente al suolo il quartiere.
Sono innumerevoli le leggende e le curiosità che ruotano intorno a questo edificio, una tra le più famose è quelle che racconta di come le maestranze del cantiere di casa Scaccabarozzi, s’arrovellassero per giorni su come riuscire a far arrivare i mobili ai piani superiori. 
Non arrivando ad una soluzione gli operai andarono a domandare direttamente all’architetto la soluzione, mentre pranzava poco distante. 
L’Antonelli rispose seccato che la risposta era ovvia, si doveva far salire i mobili per mezzo di argani facendoli entrare dalle finestre e in caso di difficoltà si sarebbero potuti abbattere i muri ostacolo per poi ricostruirli in un secondo momento.
Non perdetevi in un bicchier d’acqua” avrà detto l’estroso professionista agli operai che probabilmente già di per sé non credevano nel progetto.
E infatti…la Fetta di Polenta è ancora qua, sopravvive ai forti venti da ovest che scendono freddi dalle Alpi, sopravvive a terremoti ed esplosioni e sopravvive ai vari secoli e alle correnti culturali e architettoniche, amata e coccolata dai torinesi che le sono ormai affezionati.
E a proposito di cultura: oggi la Fetta di Polenta è visitabile e aperta al pubblico, dato che è diventata sede della galleria d’arte Franco Noero.
Orari: dal giovedì al sabato, dalle 14 alle 19. È necessario prenotare.
Una lapide sull'entrata ricorda che in questo palazzo abitò per breve tempo anche il famoso Niccolò Tommaseo, compilatore del Dizionario della Lingua Italiana, presumibilmente nel 1859, prima del suo trasferimento a Firenze.


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