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CONSONNO LA CITTÀ FANTASMA


QUANDO SI SPENGONO LE LUCI DEL CAROSELLO
LA STORIA DI CONSONNO, DA BORGO A CITTA' DEI BALOCCHI




Dopo aver guardato il video ascolta il podcast che ti "legge" e racconta la storia di Consonno!

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Questa è una storia che parla di sogni e visioni, parla della realtà che si scontra con le illusioni, ci narra della capacità umana di distruggere e cambiare la natura e di come questa alla fine abbia mezzi sottili ma potenti per prendersi le sue rivincite.
Questa storia narra di un piccolo borgo raso al suolo dalle strabilianti visioni di un uomo e di come il tempo e la sorte abbiano trasformato quello che poteva e sembrava essere un successo in un progetto catastrofale e sinistro.
Oggi vi porto a Consonno, un tempo piccolo borgo montano genuino e naturale, per un attimo città dei balocchi, sogno di luci e divertimenti, oggi sinistra città fantasma abbandonata in cui risuonano solo gli echi dei tempi che furono.

"Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra c'è qualcosa di tuo e che anche quando non ci sei resta ad aspettarti" (Cesare Pavese)

Questa frase calza a pennello se si desidera descrivere com’era il piccolo e antico borgo di Consonno sul monte Brianza, nel comune di Olginate in provincia di Lecco.
Negli anni cinquanta la piccola Consonno dava casa a circa 250 persone, 28 famiglie che formavano una comunità unita e lavoratrice; situato su terrazzamenti collinari a circa 650 metri di altitudine il piccolo ma vitale borgo anche se piuttosto isolato possedeva un’osteria, una scuola, una bottega e la chiesa di San Maurizio. Quella dei consonnesi non era certo una vita all’acqua di rose, le giornate erano faticose e scandite dal duro lavoro nei campi, che però ripagavano con ottimi raccolti. 
Sì perché questi campi brianzoli erano molto fertili, tipico della zona un ottimo tipo di sedano e da non dimenticare poi le ottime castagne dei castagneti intorno al paesino e la coltivazione dei porri.

I contadini di Consonno lavoravano sodo e vendevano i loro prodotti nel vicino mercato di Lecco, dopo averli trasportati sulla mulattiera che portava a valle verso Olginate; sembrerebbe quasi un paradiso bucolico, uno di quegli eremi in cui la vita procede lenta ma felice, faticosa ma appagante, in cui l’uomo e la terra si curano e rispettano a vicenda. Il vero problema di questo borgo è stato che sia i campi che le varie costruzioni e case non erano di proprietà dei contadini che vi lavoravano e abitavano ma di sole due famiglie, i Verga e gli Anghileri.
Negli anni sessanta la popolazione di Consonno era scesa a circa sessanta persone e in pieno boom economico, con atto notarile dell'8 gennaio 1962, le famiglie Anghileri e Verga, proprietarie attraverso l’Immobiliare Consonno Brianza di tutto il paesino, cedettero tutte le quote di partecipazione della società alla famiglia Bagno il cui capofamiglia era il "Grande Ufficiale Mario Bagno, Conte di Valle dell'Olmo" che diventò quindi proprietario di tutto, case, cascine, campi, animali e in parte anche degli abitanti di quel piccolo pezzetto di terra. 

L’acquisto di tutto il borgo di Consonno avvenne al prezzo di 22.500.000 lire.
Per il piccolo paradiso rurale è l’inizio della fine.
Il conte bagno fa grandi promesse ai cittadini, come ad esempio una strada carrozzabile al posto della vecchia mulattiera, in grado di collegare finalmente il paesino in modo decente con il fondo valle. Ma i piani del conte andavano molto oltre e si rivelarono come un vero tornado in grado di travolgere il borgo e i suoi abitanti stravolgendoli completamente.



Eh già perché la visione, il sogno o forse i deliri del conte prevedevano la creazione al posto del piccolo raggruppamento di case di una Las Vegas della Brianza, una città dei balocchi, un villaggio vacanze unico in Italia.
E fu così che quando finalmente la nuova strada arrivò alle porte del paese, il paese non esisteva più, raso al suolo dalle ruspe e dalla chimera inseguita dal Baglio.


Con amara rassegnazione nel giro di poco tempo gli abitanti di Consonno videro sparire una ad una le loro abitazioni, le uniche a venire risparmiate furono la chiesa, la canonica e il cimitero.
Il conte Bagno era un visionario, sognava di notte quello che faceva realizzare di mattina per poi abbatterlo e ricostruirlo nuovamente, all’inseguimento di una nuova chimera.
Pezzo pezzo…. la sua Consonno da sogno prese vita.

All’entrata del paese due armigeri medioevali davano il benvenuto ai visitatori, striscioni recitavano „A Consonno il cielo è più azzurro“, dopo la porta d’entrata si proseguiva verso il grande minareto, le vecchie case contadine cedettero il posto a palazzi, sfingi egizie, un finto cannone fatto giungere da Cinecittà, pagode cinesi e colonne medievali; ma le visioni del conte comprendevano anche un circuito automobilistico, un campo da calcio, uno da pallacanestro e da tombarello, diversi campi da tennis, da bocce e minigolf, una pista da pattinaggio, un luna park, uno zoo, un giardino, un grande ristorante popolare, padiglioni all’aperto con orchestre da ballo e un Grand Hotel Plaza in grado di ospitare frotte di turisti.


Costruita nel giro di circa cinque anni, anche se non tutti i progetti trovarono il tempo di venire realizzati, alla fine degli anni sessanta la Las Vegas della Brianza era un paese dei balocchi, un paradiso di luci, musiche e divertimenti. Cantanti, sportivi, vip e famiglie, Consonno dava spazio a tutti, entusiasmava e faceva divertire.
 Pensate che persino la collina vicino al cimitero venne piallata dalle ruspe perché colpevole di limitare il panorama; il Conte Bagno la fece abbassare in modo che da Consonno si potesse ammirare il Resegone e le Prealpi lecchesi.

Ma le luci del carosello brillarono per poco e dopo alcuni anni il paradiso kitsch in cui ospiti illustri come i Dik Dik, Pippo Baudo, Milva e tanti altri intrattenevano gli ospiti in un susseguirsi di serate ed eventi, velocemente come era nato, altrettanto velocemente si spense.

L’interesse per questo strano angolo nelle colline della Brianza venne meno, il colpo finale alla città lo diede una frana che nel 1976 travolse l’unica strada di entrata al paese.
Le amministrazioni pubbliche ormai ostili al “Conte Amen”, così veniva chiamato il Bagno, non fecero ricostruire quell’unica strada di collegamento fino al 2007 segnando così inevitabilmente, l’oblio e la morte di Consonno di cui oggi non restano che i ruderi dimenticati.


Consonno tornò ad essere raggiungibile solo attraverso la vecchia mulattiera che però non era in grado di supportare il traffico turistico; il piccolo borgo morì una seconda volta, irraggiungibile al pubblico di festaioli e vacanzieri per il quale era stato creato.
Il paese dei balocchi piombò nel buio della dimenticanza, oggi le strade sono deserte e silenziose, animate solo dai fantasmi dei passato e la natura pian piano ha ripreso possesso del paesino avanzando lenta e inesorabile e cancellando gli antichi fasti.

Nei primi anni ottanta un progetto comunale di recupero del territorio, appoggiato dal Conte Bagno prevedeva di realizzare a Consonno un paradiso di pace e riposo per anziani, riqualificando i vecchi edifici ormai fatiscenti e abbandonati, un progetto ambizioso che però non prese mai veramente vita, a parte la casa di riposo realizzata nel vecchio Hotel Plaza da Fratel Alberto Bosisio, intorno a questo progetto però non sorse più nulla e tutto restò nuovamente abbandonato.

Quello che resta oggi è una città fantasma, sinistra e un po’ spettrale; se siete curiosi e coraggiosi andate a farvi una passeggiata per le vie dimenticate, fate un tuffo nel passato e tenete bene gli occhi aperti e i sensi acuti mentre vagate in questo paese fuori dal mondo. 

Alcuni dicono persino di aver visto la sagoma incorporea del defunto Conte Bagno che vaga ancora per le stradine, forse rimuginando nuove visioni o ricordando i vecchi fasti.
Consonno torna a vita solo la domenica, quando tra le 10 e le 12 la chiesa diviene luogo di ritrovo e preghiera e i vecchi consonnesi fanno visita ai loro cari sepolti nel vicino cimitero.
Negli altri giorni e orari da Olginate si può salire al Borgo solo a piedi e in bicicletta. Se desiderate fare una visita a Consonno ricordatevi però che: la gran parte di Consonno è di proprietà privata, l’accesso al paese è chiuso da una stanga (aperta solo domenica e festivi), quindi per non rimanere bloccati vi conviene parcheggiare fuori dal paese, prima della stanga; inoltre molti degli edifici sono pericolanti e sono stati transennati dopo diversi atti di vandalismo.                                                                              

Un’ultima considerazione la facciamo sulla stretta linea di confine capace di decretare il successo o la morte di sogni e piani visionari e di come a seguito del successo o dell’insuccesso di un progetto cambi completamente il modo di parlarne dei “posteri”; il “povero” Conte Bagno è arrivato qualche anno in anticipo nei confronti dei ben noti parchi di divertimento odierni, pensate a Gardaland o Mirabilandia. Forse se il fato o la vendetta della natura non avessero segnato la fine di Consonno con la frana del 1976, oggi la storia che vi ho raccontato avrebbe avuto un tono e dei risvolti molto diversi.





Commenti

  1. Negli anni in cui Consonno diventò parco dei divertimenti, altri borghi venivano sommersi per fare laghi artificiali come quello di Brugneto (Genova) o Vagli (Lucca). Ora tranquillamente smantelliamo aree industriali, e allora lo stesso si faceva coi borghi contadini, che con la sola mulattiera avevano poco futuro, mentre se si faceva la strada poteva crollare lo stesso.
    Credo i precedenti proprietari affittassero per rendita sicura piuttosto che per bontà. Se parliamo di vendetta della natura, non siamo più avanti di chi nel 1618 intese la frana di Piuro presso Chiavenna come un castigo per l'uccisione e tortura dell'arciprete Nicolò Rusca.

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