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Italiano frasi comuni

Haynes King (1831-1904), Jealousy and Flirtation. FLIRT La parola flirt proviene dalla lingua inglese. Indica una particolare forma di comportamento motivata dall'attrazione sessuale tra due persone.  Si manifesta nella conversazione, in forme di comunicazione non verbale come il linguaggio del corpo, ecc. Si tratta di un atteggiamento adottato senza impegno. Con il prestito linguistico all'italiano, la parola ha perso tuttavia parte del suo senso originale, indicando una vera e propria relazione sentimentale, anche se non necessariamente seria. L'origine della parola flirt è incerta.   Sarebbe associato alle parole flit e flick, termini onomatopeici che indicano una sorta di mancanza di serietà. D'altro canto, si è tentato di spiegarne l'etimo con il francese conter fleurette, termine che indica l'azione di staccare i petali di un fiore in un momento di leggiadra seduzione, in italiano tale azione è accompagnata dalla frase „m’ama, non

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BURINO Con il termine Burino, in dialetto romanesco viene designato il contadino, il campagnolo e in senso esteso, la persona rozza o volgare. L'etimo popolare fa derivare il termine "burrus" dai pastori, veniva chiamato "burrus" (poi "rufus") una specie di bovino con il naso rosso.  Oggi il termine ha un valore ambivalente: uno dispregiativo per indicare persone ed atteggiamenti vistosamente pacchiani, oppure uno bonario e scherzoso nella parlata colloquiale. Altre fonti sostengono che derivi dal latino "Buris,-is" ovvero manico dell'aratro, per cui voglia significare già in tempi antichi: colui che proviene dalle campagne.

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BARBARO Barbaro (in greco βάρβαρος , passato in latino come barbarus) è la parola con cui gli antichi greci indicavano gli stranieri (letteralmente i "balbuzienti"), cioè coloro che non parlavano greco, e quindi non condividevano la cultura greca. Oggi la parola barbaro è normalmente utilizzata nel senso di selvaggio. "Guarda come mangia, con le mani....si sporca tutto, è proprio un barbaro!" Il sostantivo "barbarismo", invece, stigmatizza l'uso inutile di una parola straniera nel parlare o scrivere. 

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Foto di Marilia Gallus Quaquaraquà Quaquaraquà, a volte scritto quacquaraquà, è un termine  della lingua siciliana, ormai d'uso comune in quella italiana, in entrambe con il significato di persona particolarmente loquace,   ma priva di capacità effettive, per questo ritenuta scarsamente affidabile. Si tratta spesso di persona che promette molto a parole, ma non è in grado di mantenere, coi fatti, quanto promesso.  Nel gergo mafioso il termine "quaquaraquà" è anche usato come sinonimo di "delatore". La diffusione del termine in Italia e all'estero è dovuta al suo inserimento nel celeberrimo romanzo Il giorno della civetta del 1960, con il quale lo scrittore siciliano Leonardo Sciascia denunciava la connivenza tra il potere mafioso e quello politico. (Notizie tratte da Wikipedia) Leonardo Sciascia,  „Il giorno della civetta“ „.........umanità, bella parola piena di vento, la divido in cinque categorie: gli uomini, i mezz'uomini

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SALAMELECCHI   Sono i saluti eccessivamente sdolcinati, ossequi fuori luogo perche' eccessivamente cerimoniosi e ridicoli, miranti a guadagnarsi la compiacenza del prossimo ( in modo spesso ipocrita). La parola è di origine araba e si rifà all'espressione al-salām ʿ alaykum (lett. "la pace sia con voi"), che in ambito islamico costituisce la maniera appropriata di salutare un proprio correligionario, cui in genere si risponde wa ʿ alaykum al-salām ("e su di voi [anche] la pace"). Per chi non sia musulmano infatti le formule di saluto sono altre: ad esempio ma ʿ a al-sal ā m (lett. "con la pace" [di Dio]") o il pi ù neutro il ā al-liq ā ʾ , ossia "arrivederci" (lett. "all'incontro"). Un termine che deriva dall'espressione araba è il turco selamlik (o più precisamente Selamlık), che indicala parte di un palazzo o di un'abitazione turca riservata agli uomini. „È uno che fa tanti salamelecchi! Ma