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Ciao Mariangela

L'attrice e doppiatrice, Mariangela Melato, legge "Pensiero", una poesia di Alda Merini. "Pensiero" Pensiero, io non ho più parole. Ma cosa sei tu in sostanza? qualcosa che lacrima a volte, e a volte dà luce. Pensiero,dove hai le radici? Nella mia anima folle o nel mio grembo distrutto? Sei così ardito vorace, consumi ogni distanza; dimmi che io mi ritorca come ha già fatto Orfeo guardando la sua Euridice, e così possa perderti nell'antro della follia. Alda Merini

Noi e il Tempo tra di noi!

Eros Ramazzotti   NOI La mente non si spiega, tu chiamalo destino oppure caos Ma il cuore non si piega al desiderio che desidera I sogni se ci credi, non sono che realtà in anticipo L'avresti detto ieri, che oggi siamo qua, con tutta l'anima Noi adesso, due emozioni che si danno pace e il permesso di conoscersi profondamente Con le braccia aperte nude ad accoglierci Solo chi ha paura mette limiti.... Orgogliosamente NOI Orgogliosamente NOI Le affinità elettive, spalancano orizzonti un po’ più in la E il cuore sopravvive ad un'onda anomala che scuote l'anima Noi adesso, due emozioni che si danno pace e il permesso di conoscersi profondamente Con le braccia aperte nude ad accoglierci Solo chi ha paura mette limiti.... Orgogliosamente NOI Orgogliosamente NOI Il filo che ci lega, tu chiamalo destino, oppure NOI Noi adesso, due emozioni che si danno pace, e il permesso di conoscersi profondamente Con le braccia aper

Mancare

mancare [man-cà-re] verbo (manco, manchi, manca, manchiamo, mancate, mancano) Verbo intransitivo che può avere sia essere che avere come ausiliari Non essere presente in un luogo o disponibile per qualcuno: mi mancano i soldi; in contesto noto, anche con l'argomento sottinteso: manca l'acqua; in frasi negative indica una presenza abbondante: il coraggio non mi manca.  Detto di persona, essere lontano da un luogo, o non presente a una situazione: manca da casa; manca all'appuntamento Sinonimo di restare : mancano dieci chilometri al traguardo; manca poco all'arrivo Venir meno : mi mancano le forze  Venir meno a un impegno: mancare a una promessa Essere privi di qualcosa, non possederlo : mancare di cortesia, mancare di rispetto, di riguardo a qualcuno Come verbo transitivo Fallire qualcosa o qualcuno, non colpirlo : mancare il bersaglio Perdere qualcosa non coglierlo : mancare il momento opportuno Gli manca un venerdì = oppure gli manca qualche rotella

Cacchio

Ci risiamo con le parolacce?  No ragazzi forse non mi crederete ma il significato di cacchio secondo il dizionario italiano è GERMOGLIO . Nel linguaggio agricolo per cacchio s’intendono i germogli della vite o di altri tipi di rampicanti e infestanti. In effetti, però, se il vostro primo pensiero è andato ad una parolaccia, non avete tutti i torti, perché il termine è oggigiorno ormai anche un’alternativa o sinonimo, meno scurrile, del ben più volgare “ cazzo ”. La parola cacchio, come peraltro succede alla sua omologa più volgare, viene utilizzata in moltissimi contesti, spesso dialettali, assumendo significati anche molto diversi e per nulla scurrili. Il suo ruolo di sinonimo nei confronti del fratello volgare, la parola cacchio lo ha acquisito grazie al cinema e alla televisione degli anni ottanta; nei primi anni ottanta e novanta infatti, volgarità e malcostume erano da considerarsi tabù e venivano perciò fortemente censurate.  Ciò portò “per esigenze espressi

Gennaio

Gennaio è il primo mese dell'anno secondo il calendario gregoriano e  conta 31 giorni. Il nome gennaio deriva dal dio romano Giano (Ianuarius), divinità preposta alle porte e ai ponti, ma più in generale rappresentava ogni forma di passaggio e mutamento (difatti gennaio è il mese che apre le porte del nuovo anno). Gli ultimi tre giorni di gennaio sono detti " I giorni della merla " (i cosiddetti giorni della merla sono, secondo la tradizione, gli ultimi tre giorni di gennaio 29, 30 e 31. Sempre secondo la tradizione sarebbero i tre giorni più freddi dell'anno). Poesia di  Giovanni Pascoli Gennaio Nevica: l'aria brulica di bianco; la terra è bianca, neve sopra neve; gemono gli olmi a un lungo mugghio stanco, cade del bianco con un tonfo lieve. E le ventate soffiano di schianto e per le vie mulina la bufera; passano bimbi; un balbettio di pianto; passa una madre; passa una preghiera! Roberto Piumini Gennaio

Il mercato nero

La Befana-L'epifania

La Befana, (termine che è corruzione di Epifania, ossia manifestazione) è una mitica anziana signora che a cavallo di una scopa  porta doni ai bambini buoni la notte tra il 5 e il 6 gennaio. I doni sono rappresentati da dolciumi, caramelle e cioccolatini, frutta, mandarini, noci, frutta secca e piccoli regali .....e per i bambini cattivi da carbone (che altro non è che un composto a forma di cubo, di zucchero coloroato di nero). La sua origine si perde nella notte dei tempi, discende da tradizioni magiche precristiane e, nella cultura popolare, si fonde con elementi folcloristici e cristiani: la Befana porta i doni in ricordo di quelli offerti a Gesù Bambino dai Magi.  L'immagine della Befana è quella di una vecchia che indossa un gonnellone scuro ed ampio, un grembiule con le tasche, uno scialle, un fazzoletto o un cappellaccio in testa, un paio di ciabatte consunte, il tutto vivacizzato da numerose toppe colorate. PS.: Dire ad una donna che è una befana significa dir

L’ACUTO, IL GRAVE, IL CIRCONFLESSO

GLI ACCENTI Non ci facciamo gran caso, ma la nostra lingua può disporre di due specie di accenti tònici: l’accento grave, un segnetto che va da sinistra verso destra (`) e indica il suono largo o aperto delle vocali e ed o; l’accento acuto, che va da destra verso sinistra (´) , e serve a indicare il suono chiuso o stretto delle stesse vocali.  Perciò se io scrivo caffè, quell’accento grave sulla vocale è segnala che va pronunciata aperta; se invece scrivo perché vuol dire che la é finale va pronunciata chiusa.  E allora, scrivendo, abituiamoci a usare i due diversi accenti secondo il suono che dobbiamo dare alla sillaba tonica in vocale e.  Lo stesso per la o, che in sillaba finale tronca ha quasi sempre il suono aperto: però, amò, falò, ma che nel corpo della parola può a volte avere anche suono chiuso, come in fóro, cólto, cómpito eccetera. Sulla vocale a, che ha sempre per natura suono aperto, l’accento non creerà problemi: sarà sempre grave, come in città, verrà, papà eccete

ABILE, DISABILE E UNA PARENTESI SULL’EUFEMISMO

Dal verbo latino “habere”, cioè avere, deriva habilis nel significato di maneggevole, adatto. Ecco l’origine del nostro abile, che ricopre una vasta gamma di significati, da “capace” a “provetto”. Inoltre, - abile è diventato, nella nostra lingua, un diffusissimo suffisso che, unito a verbi della prima coniugazione, dà luogo ad aggettivi che indicano idoneità: mangiabile, trasportabile, stirabile; oppure qualità morale: amabile, stimabile, deprecabile eccetera.  Nel caso di carrozzabile invece l’aggettivo è formato dal suffisso -abile unito ad un sostantivo: carrozza. Il contrario di abile è inabile, cioè “incapace” .  Quando l’incapacità deriva da limitazioni fisiche abbiamo disabile .  C’è chi dice diversamente abile, ritenendo che dis-abile crei una dis-criminazione. E questo secondo l’etimologia, dal tardo latino discriminatio, vorrebbe dire distinzione, separazione, e peggio ancora, esclusione.  Ma siamo sicuri che l’eufemismo diversamente abile sia più rispettoso che

A ME MI PIACE...

A ME MI PIACE...SI DICE O NON SI DICE Nella pubblicità televisiva di un caffè un famoso attore comico si è servito di questo “ a me mi piace ” pensando di fare una simpatica sgrammaticatura per attirare l’attenzione.  L’attenzione c’è stata senz’altro; la sgrammaticatura no. Si tratta semplicemente dell’uso di un elemento sovrabbondante , inutile secondo la logica, ma utilissimo per dare alla frase un’efficacia particolare .  È insomma la scelta dello stile che giustifica la lieve forzatura grammaticale dell’espressione: il valore rafforzativo di quel mi pleonastico è chiaro.  Altri esempi: “a me non me la dai a intendere”; “lo so che a te non ti va questa faccenda”, “a voi non vi dirò più niente”. Ma attenzione: non dimentichiamo che la frase non solo corretta, ma anche preferibile nel novanta per cento dei casi è “a me piace”, e così dicasi per gli altri esempi: “a me non la dai a intendere”, “lo so che a te non va questa faccenda”, “a voi non dirò più niente”. A me mi, a