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Il mercato nero

La Befana-L'epifania

La Befana, (termine che è corruzione di Epifania, ossia manifestazione) è una mitica anziana signora che a cavallo di una scopa  porta doni ai bambini buoni la notte tra il 5 e il 6 gennaio. I doni sono rappresentati da dolciumi, caramelle e cioccolatini, frutta, mandarini, noci, frutta secca e piccoli regali .....e per i bambini cattivi da carbone (che altro non è che un composto a forma di cubo, di zucchero coloroato di nero). La sua origine si perde nella notte dei tempi, discende da tradizioni magiche precristiane e, nella cultura popolare, si fonde con elementi folcloristici e cristiani: la Befana porta i doni in ricordo di quelli offerti a Gesù Bambino dai Magi.  L'immagine della Befana è quella di una vecchia che indossa un gonnellone scuro ed ampio, un grembiule con le tasche, uno scialle, un fazzoletto o un cappellaccio in testa, un paio di ciabatte consunte, il tutto vivacizzato da numerose toppe colorate. PS.: Dire ad una donna che è una befana significa dir

L’ACUTO, IL GRAVE, IL CIRCONFLESSO

GLI ACCENTI Non ci facciamo gran caso, ma la nostra lingua può disporre di due specie di accenti tònici: l’accento grave, un segnetto che va da sinistra verso destra (`) e indica il suono largo o aperto delle vocali e ed o; l’accento acuto, che va da destra verso sinistra (´) , e serve a indicare il suono chiuso o stretto delle stesse vocali.  Perciò se io scrivo caffè, quell’accento grave sulla vocale è segnala che va pronunciata aperta; se invece scrivo perché vuol dire che la é finale va pronunciata chiusa.  E allora, scrivendo, abituiamoci a usare i due diversi accenti secondo il suono che dobbiamo dare alla sillaba tonica in vocale e.  Lo stesso per la o, che in sillaba finale tronca ha quasi sempre il suono aperto: però, amò, falò, ma che nel corpo della parola può a volte avere anche suono chiuso, come in fóro, cólto, cómpito eccetera. Sulla vocale a, che ha sempre per natura suono aperto, l’accento non creerà problemi: sarà sempre grave, come in città, verrà, papà eccete

ABILE, DISABILE E UNA PARENTESI SULL’EUFEMISMO

Dal verbo latino “habere”, cioè avere, deriva habilis nel significato di maneggevole, adatto. Ecco l’origine del nostro abile, che ricopre una vasta gamma di significati, da “capace” a “provetto”. Inoltre, - abile è diventato, nella nostra lingua, un diffusissimo suffisso che, unito a verbi della prima coniugazione, dà luogo ad aggettivi che indicano idoneità: mangiabile, trasportabile, stirabile; oppure qualità morale: amabile, stimabile, deprecabile eccetera.  Nel caso di carrozzabile invece l’aggettivo è formato dal suffisso -abile unito ad un sostantivo: carrozza. Il contrario di abile è inabile, cioè “incapace” .  Quando l’incapacità deriva da limitazioni fisiche abbiamo disabile .  C’è chi dice diversamente abile, ritenendo che dis-abile crei una dis-criminazione. E questo secondo l’etimologia, dal tardo latino discriminatio, vorrebbe dire distinzione, separazione, e peggio ancora, esclusione.  Ma siamo sicuri che l’eufemismo diversamente abile sia più rispettoso che

A ME MI PIACE...

A ME MI PIACE...SI DICE O NON SI DICE Nella pubblicità televisiva di un caffè un famoso attore comico si è servito di questo “ a me mi piace ” pensando di fare una simpatica sgrammaticatura per attirare l’attenzione.  L’attenzione c’è stata senz’altro; la sgrammaticatura no. Si tratta semplicemente dell’uso di un elemento sovrabbondante , inutile secondo la logica, ma utilissimo per dare alla frase un’efficacia particolare .  È insomma la scelta dello stile che giustifica la lieve forzatura grammaticale dell’espressione: il valore rafforzativo di quel mi pleonastico è chiaro.  Altri esempi: “a me non me la dai a intendere”; “lo so che a te non ti va questa faccenda”, “a voi non vi dirò più niente”. Ma attenzione: non dimentichiamo che la frase non solo corretta, ma anche preferibile nel novanta per cento dei casi è “a me piace”, e così dicasi per gli altri esempi: “a me non la dai a intendere”, “lo so che a te non va questa faccenda”, “a voi non dirò più niente”. A me mi, a

Concorso italiano a Torino- Il vincitore!

Congratulazioni! Intanto inizio subito col ringraziare i tantissimi amici che hanno partecipato al concorso (leggete fino in fondo c'è comunque un regalino per tutti)! DETTO QUESTO ARRIVIAMO AL DUNQUE TANTI....... TANTI....... TANTI.... AUGURI A AMPARO NAVARRO MARTINEZ Al vincitore del concorso "Italiano a Torino" VA: • Un corso di lingua italiana di 20 ORE(UNA SETTIMANA).   Il corso si svolgerà in un gruppo e lo studente riceverà il kit didattico della scuola (zainetto, quaderno, biro, cartellina e mappa di Torino a marchio AbbeySchool e anche il materiale didattico costituito da libri  + eventuali materiali integrativi).  • Una visita guidata della città  in italiano o inglese con  Somewhere . Il corso si terrà alla AbbeySchool CiaoItaly di Torino, diretta da Chiara Avidano! AMPARO hai tempo un anno per usufruire del corso, puoi metterti in contatto tu stesso con la scuola e la Signora Chiara, per concordare la data e avere ulteriori infom

La marescialla e il maresciallo

  MARESCIALLO = in Italia, grado supremo nella gerarchia militare dei sottufficiali: maresciallo capo; in eserciti stranieri e anche in Italia nel periodo fascista, il grado più alto di tutta la gerarchia militare. Come modo di dire: essere un maresciallo =  significa essere una persona che comanda in maniera autoritaria e despota , che fa rigar dritto tutti, anche di persona integerrima ma piuttosto rigida. In senso ironico si può sentire marescialla, per indicare una donna che in casa tiene le redini della situazione, comandando il marito. Una donna forte che comanda tutti a bacchetta. comandare a bacchetta = comandare in maniera autoritaria, e rigida. La bacchetta (o bastone, mazza, scettro) è un antichissimo simbolo di comando: si pensi allo scettro dei sovrani, al bastone dei comandanti di eserciti (il bastone dei marescialli), fino alla bacchetta del maestro, un tempo adoperata anche per impartire punizioni corporali. Una simpaticissima canzoncina sulla maresciall

Modi di dire con bestia

Per bestia s’intende in generale l’animale, con esclusione dell’uomo. Usata in molte similitudini mira a esprimere l’idea di comportamenti e modi di essere dell’uomo indegni e inumani, ossia più propri delle bestie: da bestie = in modo duro e pesante ( Lavoro da bestie ) essere trattati come bestie = come animali, in maniera disumana, malissimo essere una bestia rara = essere una persona fuori dal comune In molte locuzioni figurative esprime l’immagine della forza bruta, che non si può capire né controllare: andare in bestia = arrabbiarsi in modo violento, andare su tutte le furie ( Lo hai fatto andare in bestia! ) bestia nera = incubo, ossessione, paura ricorrente ( La matematica è la mia bestia nera. ) brutta bestia = cosa o persona difficile da domare o controllare, che prende il sopravvento che bestia! = uso spregiativo per indicare persona sciocca o stupida

RAPSODEUS

Cosa ne pensate di questo video? Che cos'è secondo voi la luce che inseguiamo dall'alba dei tempi e per cui siamo pronti a "passare sopra ogni cosa"? Qual è la soluzione? Ditemi la vostra...

Il mostro...l'uomo nero!

Ci sono eventi  tanto mostruosi e brutali da essere in grado di scuotere l'animo di chiunque. Il giorno dopo che si sono verificate simili tragedie, si mobilita l'opinione pubblica, i giornali, le televisioni, le comari dal parrucchiere non parlano che dell'ultima strage, dell'ultimo fatto di cronaca. Poi i giorni passano e ne resta solo il ricordo...ricordo sì, perchè di delitti come quello che è stato compiuto in America ce ne sono stati tanti, troppi, e comunque non è cambiato nulla. Le armi restano a portata di tutti, e un certo perbenismo o menefreghismo globale ci porta di fondo a non impicciarci più dei fatti degli altri, neppure quando notiamo che una persona ha dei problemi o potrebbe crearne! Sì perchè ciò significherebbe agire, denunciare, prendere posizione e pensare a soluzioni che molto spesso sono difficilissime da trovare e richiedono coraggio. Quanti mariti o uomini avevano dato chiari segni di squilibrio prima di arrostire, tagliuzzare o crivell