A babbo morto
Il significato iniziale è di restituire dei soldi senza una data precisa, poi ha assunto altri significati, che vi spiego di seguito. A babbo morto è frase fatta piuttosto vecchia attraverso la quale si vuole indicare che la scadenza per l’incasso di un credito è molto avanti nel tempo o anche che la scadenza non è proprio indicata.
La frase può essere intesa anche con altri significati, quali:
• essere condannati a babbo morto, o a biglie ferme (ovvero a cose avvenute), ma anche essere condannati per qualcosa di cui non si è responsabili.
• ricevere qualcosa senza alcun merito
• compiere un'azione assolutamente d'impulso, senza che alcuna strategia difensiva sia stata organizzata;
• cadere senza mettere le mani in avanti per tentare di attutire il tonfo.
Più probabilmente, il modo di dire trae origine dal periodo in cui i giovin signori di paese erano costretti per onorare debiti di gioco o per acquistare doni alle proprie amate a contrarre debiti presso usurai.
Costoro erano consapevoli di dover attendere anche diverso tempo appunto, finché il babbo del debitore passasse a miglior vita, lasciando al rampollo una congrua eredità prima di poter entrare in possesso del loro credito.
Ma, ugualmente, avevano la certezza che il gruzzolo, in virtù o a causa di onerosi tassi interesse, sarebbe cresciuto in maniera esponenziale via via che il tempo passava, in attesa che il babbo fosse morto.
Il termine è tornato in auge in occasione delle elezioni politiche del 2006 in Italia, precedute da una accesa campagna elettorale durante la quale tutti gli schieramenti politici, pur nell'aspro confronto, si sono trovati d'accordo quantomeno nell'affermare che i conti è preferibile farli a babbo morto, a urne - è il caso di dire - ormai chiuse.
Nel film L'avaro di Tonino Cervi, Don Arpagone, il protagonista interpretato da Alberto Sordi, è un usuraio il cui figlio, giovin signore, chiede un prestito senza esserne consapevole ad un suo dipendente, allegando - come garanzia - le pessime condizioni di salute del padre.
Quando il dipendente gli riferisce dell'ottimo affare che si prospetta, Don Arpagone, dopo aver capito chi è il giovin signore, esclama: "Ma allora il babbo morto sono io!".
Il significato iniziale è di restituire dei soldi senza una data precisa, poi ha assunto altri significati, che vi spiego di seguito. A babbo morto è frase fatta piuttosto vecchia attraverso la quale si vuole indicare che la scadenza per l’incasso di un credito è molto avanti nel tempo o anche che la scadenza non è proprio indicata.
La frase può essere intesa anche con altri significati, quali:
• essere condannati a babbo morto, o a biglie ferme (ovvero a cose avvenute), ma anche essere condannati per qualcosa di cui non si è responsabili.
• ricevere qualcosa senza alcun merito
• compiere un'azione assolutamente d'impulso, senza che alcuna strategia difensiva sia stata organizzata;
• cadere senza mettere le mani in avanti per tentare di attutire il tonfo.
Più probabilmente, il modo di dire trae origine dal periodo in cui i giovin signori di paese erano costretti per onorare debiti di gioco o per acquistare doni alle proprie amate a contrarre debiti presso usurai.
Costoro erano consapevoli di dover attendere anche diverso tempo appunto, finché il babbo del debitore passasse a miglior vita, lasciando al rampollo una congrua eredità prima di poter entrare in possesso del loro credito.
Ma, ugualmente, avevano la certezza che il gruzzolo, in virtù o a causa di onerosi tassi interesse, sarebbe cresciuto in maniera esponenziale via via che il tempo passava, in attesa che il babbo fosse morto.
Il termine è tornato in auge in occasione delle elezioni politiche del 2006 in Italia, precedute da una accesa campagna elettorale durante la quale tutti gli schieramenti politici, pur nell'aspro confronto, si sono trovati d'accordo quantomeno nell'affermare che i conti è preferibile farli a babbo morto, a urne - è il caso di dire - ormai chiuse.
Nel film L'avaro di Tonino Cervi, Don Arpagone, il protagonista interpretato da Alberto Sordi, è un usuraio il cui figlio, giovin signore, chiede un prestito senza esserne consapevole ad un suo dipendente, allegando - come garanzia - le pessime condizioni di salute del padre.
Quando il dipendente gli riferisce dell'ottimo affare che si prospetta, Don Arpagone, dopo aver capito chi è il giovin signore, esclama: "Ma allora il babbo morto sono io!".
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