GIOACCHINO
ROSSINI
“Mangiare
e amare, cantare e digerire: questi sono in verità i quattro atti di questa
opera buffa che si chiama vita e che svanisce come la schiuma d’una bottiglia
di champagne. Chi la lascia fuggire senza averne goduto è un pazzo”.
Gioacchino confessò d'aver pianto solo tre volte nella
vita: quando gli fischiarono la sua prima opera, quando senti suonare Paganini,
e quando durante una gita in barca gli cadde in acqua un tacchino farcito ai
tartufi.
Gioachino Rossini, all'anagrafe Giovacchino Antonio
Rossin, nato a Pesaro il 29 febbraio 1792. Figlio d'arte, Gioachino fu subito spinto
verso una carriera di compositore dai genitori.
A venti anni già incantava tutti con la
sua incredibile creatività, iniziando a rivoluzionare gli schemi musicali dell’epoca
e caratterizzandosi per ritmi e melodie sempre vivaci (il debutto con "La
Cambiale di Matrimonio" nel 1810).
La serie dei suoi successi è lunga, comincia da
"Tancredi" e "L'italiana in Algeri". Tantissime furono le rappresentazioni
nei teatri del nord (Milano e Venezia su tutti), poi lo spostamento a Napoli e
la scrittura di "Elisabetta Regina d'Inghilterra", interpretata da
Isabella Colbran che nel 1824 divenne sua moglie.
"Il barbiere di Siviglia" è una delle sue opere
più celebri: anche se la prima dell’opera, avvenuta il 20 febbraio 1816 a Roma,
fu offuscata da fischi e polemiche. Le repliche furono invece dei successi
sempre più grandi. In quell'anno vide la luce anche l'"Otello".
Il "Guglielmo Tell" invece risale al 1829, con
la prima all'Opéra di Parigi: l'ouverture rimane uno dei momenti più ascoltati
e celebri della storia teatrale.
Altre opere da non dimenticare, "La Cenerentola" ,
"Semiramide", "La Gazza Ladra","Mose in Egitto":
Rossini si consacrò come uno dei più grandi compositori di tutti i tempi, punto
di riferimento assoluto dell'opera buffa. Una carriera ricca di successi e di
viaggi in Europa, tanto che a soli 37 anni Gioachino decise di lasciare
l'attività operistica e godersi la vita tra Bologna, Firenze e la sua lussuosa
abitazione a Parigi. Morì il 13 febbraio 1868.
Gioachino Rossini è stato ed è molto amato anche
all'estero; sulla sua figura sono stati scritti numerosi libri e biografie.
Celebre e degna di nota, anche se - a detta di molti
critici - del tutto inattendibile, è la Vita di Rossini scritta da Stendhal,
quando il compositore aveva trentadue anni.
Si legge nella prefazione:
« È difficile
scrivere la storia di un uomo ancora vivo ... Lo invidio più di chiunque abbia
vinto il primo premio in denaro alla lotteria della natura ... A differenza di
quello, egli ha vinto un nome imperituro, il genio e, soprattutto, la felicità.
»
Rossini, uomo dalle mille sfaccettature, è stato
descritto dai numerosi biografi in molte maniere: ipocondriaco, umorale e
collerico oppure in preda spesso di profonde crisi depressive, ma anche
gioviale, amante della buona tavola e delle belle donne; è stato ritenuto
afflitto da pigrizia, ma la sua produzione musicale, alla fine, si rivelerà
incomparabile.
Ma Rossini va ricordato anche come un amante della buona
cucina.
Sin da bambino - secondo i suoi biografi - avrebbe fatto
il chierichetto essenzialmente per poter bere qualche goccia del vino contenuto
nelle ampolline della Messa.
Una delle frasi che gli vengono attribuite e che, per
questo aspetto, meglio lo definiscono è quella secondo cui:
“L'appetito
è per lo stomaco quello che l'amore è per il cuore. Non conosco - soleva
aggiungere - un lavoro migliore del mangiare.”
Il compositore era spesso alla ricerca di prodotti di
ottima qualità che faceva giungere da diversi luoghi: da Gorgonzola l'omonimo
formaggio, da Milano il panettone, ecc.
Era anche grande amico di Antonin Carême, uno dei più
famosi chef dell'epoca, il quale gli dedicò parecchie delle sue ricette, e
Rossini, viceversa, creò arie per piano intitolate ad antipasti e dessert.
Una delle ricette che Rossini amava di più è l'insalata
che aveva personalmente ideato, composta da mostarda, limone, pepe, sale, olio
d'oliva e tartufo.
Nel libro "Con sette note", di Edoardo Mottini,
è scritto che un ammiratore - vedendolo così ilare e pacifico - chiese al
maestro se egli non avesse mai pianto in vita sua:
"Sì",
gli rispose, "una sera, in barca, sul lago di Como. Si stava per cenare e
io maneggiavo uno stupendo tacchino farcito di tartufi. Quella volta ho pianto
proprio di gusto: il tacchino mi è sfuggito ed è caduto nel lago!"
Probabilmente è stato il più grande esperto di culinaria
tra gli artisti del pentagramma. A colazione consumava una tazza di caffèlatte
e un panino, anche se negli ultimi anni preferiva due uova alla coque e un
bicchiere di Bordeaux.
In cima alla sua scala dei suoi valori c’erano i
maccheroni, che amava cucinare di persona celebrando un suo rito:
“Fu allora che
comparve Rossini, che con la sua delicata mano grassottella, scelse ... una
siringa d'argento. La riempì di purèe di tartufi e, con pazienza, iniettò in
ciascun rotolo di pasta questa salsa incomparabile. Poi sistemata la pasta in
una casseruola come un bambino nella culla, i maccheroni finirono la cottura
tra vapori che stordivano. Rossini restò là, immobile, affascinato,
sorvegliando il suo piatto favorito e ascoltando il mormorio dei cari
maccheroni come se prestasse orecchio a note armoniose”.
Con il capolavoro del Guglielmo Tell (1829), Rossini
decise di tacere musicalmente per sempre, così durante i trentanove anni di
vita che seguirono, la sua creatività si manifestò soprattutto in campo
gastronomico.
Narra il suo biografo Giuseppe Radiciotti che una sera,
al termine di un concerto a cui il compositore aveva assistito, gli si avvicinò
una signora:
«Oh, Maestro! Posso finalmente contemplare
quel volto geniale, che non conoscevo se non nei ritratti!
Non
si può sbagliare: avete nel cranio il bernoccolo della musica; eccolo là».
«E
che ve ne pare di quest' altro, signora? - rispose Rossini battendosi il ventre
- Non potete negare che sia ancor più visibile e sviluppato. E infatti il mio
vero bernoccolo è quello della gola».
Rossini, compose delle brevi arie per piano, intitolate
ad antipasti e dessert (sole eccezioni
alla decisione di non scrivere più musica dopo il 1829).
Alessandro Procacci, poeta dialettale pesarese, ha
scritto questo sonetto in lingua italiana su indicazione di Rossini:
"Angelica
ti porto a conoscenza
della
scoperta fatta in questo mese,
un'insalata
che può avere pretese
di
non temere alcuna concorrenza.
Devi
prendere olio di Provenza,
al
quale aggiungerai senape inglese,
una
spruzzata di aceto francese,
olio,
pepe, lattuga e con prudenza
del
succo di limone. Indi tagliato
un
buon tartufo aggiungere dovrai,
il
tutto ben sbattuto e lavorato.
Il
nostro cardinale che ha gustato
questo
superbo piatto come mai,
la
sua benedizione m'ha inviato".
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