Gianni Rodari :
Il cane che non sapeva abbaiare
C'era una volta un cane che non sapeva abbaiare. Non abbaiava, non miagolava, non muggiva, non nitriva, non sapeva fare nessun verso. Era un cagnetto solitario, chi sa come era capitato in un paese senza cani. Per conto suo non si sarebbe nemmeno accorto che gli mancasse qualcosa. Erano gli altri a farglielo capire. Gli dicevano:
- Ma tu non abbai?
- Non saprei... io sono forestiero...
- Senti che risposta. Non lo sai che i cani abbaiano?
- A che scopo?
- Abbaiano perché sono cani. Abbaiano ai vagabondi di passaggio, ai gatti dispettosi, alla luna piena. Abbaiano quando sono contenti, quando sono nervosi, quando sono arrabbiati. Di giorno, per lo più, ma anche di notte.
- Sarà, ma io...
- Ma tu, cosa? Tu sei un fenomeno, va là: un giorno o l'altro ti metteranno sul giornale.Il cane non sapeva cosa rispondere a queste critiche. Non sapeva abbaiare e non sapeva come fare per imparare.
- Fa' come me, - gli disse una volta un galletto, che aveva compassione di lui. E lanciò due o tre sonori chicchirichi.
- Mi sembra difficile, - disse il cagnetto.
- Macché, è semplicissimo. Ascolta bene, fa' attenzione al moi becco.
- Insomma, osservami e cerca di imitarmi.
Il galletto fece un altro chicchirichi.
Il cane si provò a fare lo stesso, ma gli uscì di bocca solo un goffo "checché", che mise in fuga le galline spaventate.
- Fa niente, - disse il galletto, - per la prima volta è anche troppo. Riprova, dài.
Il cagnetto riprovò una volta, due, tre. Riprovò tutti i giorni. Si esercitava di nascosto, dalla mattina alla sera. Qualche volta, per esercitarsi con più libertà, andava nel bosco. Una mattina, mentre stava per l'appunto nel bosco, gli riuscì di fare un chicchirichi così vero, così bello e forte che la volpe lo sentì e pensò tra sé: "Finalmente il gallo è venuto a trovarmi. Correrò a ringraziarlo per la visita..." E difatti si mise a correre, ma non dimenticò di portarsi forchetta, coltello e tovagliolo perché per una volpe non c'è colazione piú appetitosa di un bel galletto. Si può capire come rimase male quando, al posto del gallo, vide il cane che, accucciato sulla propria coda, lanciava uno dopo l'altro quei chicchirichi.
- Ah, - disse la volpe, - così stanno le cose, mi avevi teso un tranello.
- Un tranello?
- Ma certo. Mi hai fatto credere che ci fosse un gallo sperduto nel bosco e ti sei nascosto per acchiapparmi. Meno male che ti ho visto in tempo. Questa, però, è caccia sleale. I cani, di solito, abbaiano per avvertirmi che arrivano i cacciatori.
- Ti assicuro che io... Ecco, vedi, non pensavo mica alla caccia. Ero venuto per fare esercizi.
- Esercizi? E di che genere?
- Mi esercito per imparare ad abbaiare. Ho quasi imparato, senti come lo faccio bene.
E giú un sonorisssimo chicchirichi.
La volpe voleva scoppiare dalle risate. Si rotolava per terra, si teneva la pancia, si mordeva i baffi e la coda. Il nostro cagnetto ne fu tanto mortificato che se ne andò via in silenzio, a muso basso, con le lacrime agli occhi.
C'era, lí vicino, un cúculo. Vede passare il cane, si impietosisce.
- Che cosa ti hanno fatto?
- Niente.
- E allora perché sei tanto triste?
- Eh... cosí e cosí... perché non riesco ad abbaiare. Nessuno mi insegna.
- Se è solo per questo, ti insegno io. Ascolta bene come faccio e cerca di fare come me: cucú... cucú... cucú... Hai capito?
- Mi sembra facile.
- Facilissimo. Io lo sapevo fare anche da piccolo. Prova: cucú... cucú...
- Cu... - fece il cane. -Cu...
Provò quel giorno, provò il giorno dopo. In capo a una settimana ci riusciva già abbastanza bene. Era proprio contento e pensava: "Finalmente, finalmente comincio ad abbaiare sul serio. Adesso non potranno piú prendermi in giro".
Proprio in quei giorni si aprí la caccia. Vennero nei boschi molti cacciatori, anche di quelli che sparano a tutto quello che sentono e vedono. Sparerebbero a un usignolo, sparerebbero. Passa un cacciatore di quel tipo lí, sente uscire da un cespuglio cucú... cucú..., punta il fucile e – pam! bang! - lascia partire due colpi.
I pallini, per fortuna, non colpirono il cane. Gli sfiorarono soltanto le orecchie, facendo ziip ziip, come nei fumetti. Il cane, via a gambe. Ma era meravigliato: "Quel cacciatore dev'essere impazzito, se spara anche ai cani che abbaiano..."
Il cacciatore, intanto, cercava l'uccello. Era sicuro di averlo ammazzato.
- Deve averlo portato via quel cagnaccio, chi sa di dove è saltato fuori – brontolava. E per sfogare la sua rabbia sparò a un topolino che aveva messo la testa fuori dalla sua tana, ma non lo prese.
Il cane correva, correva...
Primo finale
Il cane correva. Capitò in un prato nel quale pascolava tranquillamente una vaccherella.
- Dove corri?
- Non so.
- Allora fermati. Qui c'è dell'ottima erba.
- Eh, non è l'erba che mi può guarire...
- Sei malato?
- Altroché. Non so abbaiare.
- Ma se è la cosa piú semplice del mondo! Ascolta me: muuh... muuh... muuh... Non è un bel verso?
- Non c'è male. Però non sono sicuro che sia il verso giusto. Tu sei una mucca...
- Naturale che sono una mucca.
- Io no, io sono un cane.
- Naturale che sei un cane. E con ciò? Niente ti impedisce di imparare il mio linguaggio.
- Che idea! Che idea! - esclamò il cane.
- Quale?
- Quella che mi sta venendo in questo momento. Imparerò i versi di tutti gli animali e mi farò scritturare da un circo equestre. Avrò un successone, diventerò ricco e sposerò la figlia del re. Del re dei cani, s'intende.
- Bravo, l'hai pensata bella. E allora, al lavoro. Ascolta bene: muuh... muuh... muuh...
- Muuh... - fece il cane.
Era un cane che non sapeva abbaiare, però aveva molta disposizione per le lingue.
Secondo finale.
Il cane correva correva. Incontrò un contadino.
- Dove scappi?
- Non lo so nemmeno io.
- Allora vieni a casa mia. Ho giusto bisogno di un cane che mi faccia la guardia al pollaio.
- Io ci verrei, ma vi avviso: non so abbaiare.
- Meglio. I cani che abbaiano fanno scappare i ladri. Te, invece, non ti sentiranno, si faranno vicini e tu potrai azzannarli, cosí avranno la punizione che si meritano.
- Ci sto, - disse il cane.
E fu cosí che il cane che non sapeva abbaiare trovò un impiego, una catena e una scodella di zuppa tutti i giorni.
Terzo finale
Il cane correva, correva. A un tratto si fermò. Che strana voce, aveva sentito. Bau bau, faceva.Bau bau.
- "Questo verso mi dice qualcosa, - pensò il cane, - eppure non riesco a capire che razza di animale sia quello che lo fa.".
- Bau, bau.
- "Sarà la giraffa? No, forse il coccodrillo. È un animale feroce, il coccodrillo. Dovrò avvicinarmi con cautela".
Strisciando tra i cespugli il cagnetto si avviò nella direzione da cui giungeva quel bau bau che, chi sa perché, gli faceva battere tanto forte il cuore sotto il pelo.
- Bau bau.
- Toh, un altro cane.
Sapete che era proprio il cane di quel cacciatore che poco prima aveva sparato quando aveva sentito cucú.
- Ciao, cane.
- Ciao, cane.
- Mi sai dire che verso stai facendo?
- Verso? Per tua norma e regola io non faccio versi, io abbiao.
- Abbai? Tu sai abbaiare?
- Naturale. Non pretenderai che barrisca come un elefante o che ruggisca come un leone.
- Allora mi insegni?
- Non sai abbaiare?
- No.
- Ascolta e guarda bene. Si fa cosí: bau, bau...
- Bau, bau, - disse subito il nostro cagnetto. E tra sé pensava, commosso e felice: "Finalmente ho travato il maestro giusto".
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