QUANDO
SI SPENGONO LE LUCI DEL CAROSELLOLA
STORIA DI CONSONNO, DA BORGO A CITTA' DEI BALOCCHI
Questa
è una storia che parla di sogni e visioni, parla della realtà che si scontra
con le illusioni, ci narra della capacità umana di distruggere e cambiare la
natura e di come questa alla fine abbia mezzi sottili ma potenti per prendersi
le sue rivincite. Questa
storia narra di un piccolo borgo raso al suolo dalle strabilianti visioni di un
uomo e di come il tempo e la sorte abbiano trasformato quello che poteva e
sembrava essere un successo in un progetto catastrofale e sinistro. Oggi
vi porto a Consonno, un tempo piccolo borgo montano genuino e naturale, per un
attimo città dei balocchi, sogno di luci e divertimenti, oggi sinistra città
fantasma abbandonata in cui risuonano solo gli echi dei tempi che furono.
"Un
paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella
terra c'è qualcosa di tuo e che anche quando non ci sei resta ad
aspettarti" (Cesare Pa…
Il congiuntivo
IL CONGIUNTIVO
NELLA LINGUA ITALIANA
L’argomento di oggi è uno di quelli spinosi.
C’è chi lo da per morto, chi per moribondo, ci sono quelli
che non lo usano “Perché tanto non serve!” e quelli che ci provano, ma non lo
sanno usare; ci sono quelli che non lo vogliono imparare “Tanto anche gli
italiani lo sbagliano!”. Se ne parla sui giornali, se ne parla e spesso sparla
in tv.
Il famoso congiuntivo è un argomento molto dibattuto e parlarne o insegnarlo,
non è assolutamente facile.
La prendo alla larga e vi chiedo:
Provate a immaginare la Cappella Sistina dipinta in bianco e
nero.
Immaginatevi la cucina italiana senza spezie, olio e sughi.
Immaginatevi la musica fatta di sole due note.
Immaginatevi la comunicazione in un alfabeto con due lettere.
Ed ora immaginatevi l’italiano senza il congiuntivo.
E sì amici miei, il congiuntivo serve eccome, serve ad
aggiungere colore,
sapore e musicalità al parlato, serve a farci esprimere in
modo vario, appropriato e non noioso ed è uno spartiacque inconfondibile tra
chi sa esprimersi in modo corretto, raffinato ed evoluto nonché creativo ed
elegante e chi invece parla ancora da troglodita in difficoltà.
NON È ASSOLUTAMENTE VERO CHE TUTTO QUELLO CHE SI PUÓ
ESPRIMERE COL CONGIUNTIVO, LO SI PUÓ ESPRIMERE ANCHE CON L’INDICATIVO.
Il congiuntivo è un modo della lingua italiana che ha come
funzione basilare quella di indicare un evento soggettivo, irreale, non sicuro
e non rilevante (lo in tempi in cui tutti sembrano essere sicuri di tutto, può
apparire anacronistico).
Mentre l’indicativo esprime il piano oggettivo della realtà,
il congiuntivo mette in primo piano la dimensione soggettiva e individuale.
QUINDI: Io penso che SIA così e NON Io penso che è così!!!!
Sentite qui cosa dice il bravissimo Professor Tartaglione:
Il modo congiuntivo ha quattro tempi: due semplici (il
presente e l’imperfetto) e due composti (il
passato e il trapassato).
Congiuntivo
(presente)
Esempi:
Credo che la tua sia proprio una bella idea.
Ho paura che Luca sia già uscito.
Spero che torniate presto.
Penso che questa volta tu abbia proprio sbagliato
Congiuntivo (passato)
Esempi:
Penso che tu abbia fatto bene a dirglielo.
Spero che tu abbia preso la medicina prima di partire.
Credo che Laura non sia mai stata a casa nostra.
Mi auguro che abbiano passato una bella vacanza.
Congiuntivo
(imperfetto)
Esempi:
Pensavo che quel gatto non graffiasse
Credevo che quel ristorante fosse migliore.
Pensavo che Luca ti avvisasse.
Speravo che il locale ti piacesse.
Congiuntivo
(trapassato)
Esempi:
Speravo che quel cane fosse stato vaccinato.
Credevo che tu avessi già fatto i compiti.
Speravo che tu avessi capito il tuo errore.
Temevo che l’aereo fosse precipitato.
1) Tempo presente: indica una possibilità che dipende da un
verbo al presente o al futuro;
2) Tempo imperfetto: indica una possibilità che dipende da
un verbo al passato o condizionale;
3) Tempo passato: indica una possibilità, forse già
realizzata, che dipende da un verbo al presente o al futuro;
4) Tempo trapassato: indica una possibilità, che non si è
realizzata, la quale dipende da un verbo al passato.
Le regole della
concordanza dei tempi determinano la loro scelta.
Il congiuntivo può essere usato sia nelle frasi principali
che in quelle subordinate (anche se più spesso in queste ultime).
Nelle frasi principali
Usato nelle
proposizioni principali il congiuntivo indica un desiderio, un'esortazione o una
supposizione, a volte anche in un contesto di ordini e auguri, in alternanza
con l’imperativo ( Volesse il cielo! Si accomodi pure!)
1)
Desiderio.
Esempio: Marco dice che comincerà a studiare di più! Fosse vero!
2) Dubbio.
Esempio: Marco dice che comincerà a studiare di più? Che sia vero?
3) Comando (come
forma dell'imperativo per la terza persona singolare, quindi anche nella forma
di cortesia, e plurale)
Esempio: Signor Rossi, stia attento!
4) Invito,
permesso, un’esortazione (e per comandi "mediati" o
"indiretti").
Esempio: Entri, entri pure signora, si accomodi.
Per altri
usi del congiuntivo nelle frasi principali guardate un po’ qui.
Nelle frasi subordinate
Normalmente il congiuntivo si usa in
frasi subordinate ossia secondarie e viene introdotto da diversi elementi della
frase principale.
In questa tabella potete notare molti
di questi elementi:
Il congiuntivo nella lingua italiana
Videolezioni di grammatica: come si forma il congiuntivo
Il congiuntivo o l'indicativo
Lorenzo Baglioni - Il Congiuntivo
School is COOL #11 - Il Fantasma Congiuntivo
Le tabelle presenti in questo articolo potete trovarle nel libro:
E se ancora non ne potete più di congiuntivo...o volete approfondire l'argomento, eccovi un paio di libri che fanno al caso vostro:
I connettivi in linguistica sono quelle espressioni che
servono per unire , legare, le parte logiche di un discorso, di una frase.
Sono cioè delle forme invariabili (congiunzioni, locuzioni, ecc.), che funzionano
da ponte per unire in modo logico i diversi contenuti di un testo. Sono uscita prima questa mattina, eppure, non ho fatto in tempo! Connettivo La funzione di connettivo può essere
svolta da parole di diversa natura grammaticale ossia: Preposizioni:Ho pensato di invitarti a pranzo domani. Congiunzionicome ma, però, ciononostante, perciò, finché,
che, dunque, perché, se, malgrado che, affinché, ecc. :Non ho studiato perché stavo molto male. Avverbi e le locuzioni avverbiali come così, allora,
successivamente, cioè, inoltre ecc.: Penso quindi sono. Verbi : Abbiamo cantato, ballato, mangiato e chiacchierato
insieme, riassumendo ci siamo divertiti
molto! Alcune espressioni come da un certo punto di vista, in
pratica, d’altra parte, in altri termini, per dirla in breve, come si è detto
poc…
Sono suoni,
parole, o gruppi di parole che esprimono sentimenti e sensazioni improvvisi
(meraviglia, allegria, dolore, rabbia, sorpresa ecc.). Si tratta di una
componente invariabile il cui valore si comprende dal tono della voce e la
mimica di chi parla.
L’interiezione è seguita dal punto esclamativo, che può però essere collocato
anche alla fine della frase. Se l'interiezione
o esclamazione è composta da una sola vocale oppure da una consonante, la
lettera h va posta dopo la vocale o la consonante (ad esempio, uh!). Se invece
è formata da due vocali, la lettera h va collocata in mezzo (ad esempio, ohi!). Alcune
interiezioni come ad esempio ahimè, ohibò, ohimè richiedono l'accento grave
(cioè quello che scende dall'alto verso il basso). In alcuni casi si
trovano anche nomi, aggettivi, verbi e avverbi che assumono la funzione di
interiezione o esclamazione: nomi: ad esempio,
coraggio! animo! accidenti! silenzio! diavolo! guai! peccat…
Nomi composti sono quei nomi formati
dall’unione di due parole. Il significato del nome composto non è
deducibile dai significati delle singole parole che lo compongono. Ci sono diversi tipi di nome composto: A)
NOME PIÙ NOME (pescecane) B)
AVVERBIO PIÙ NOME (altopiano) C)
NOME PIÙ COMPLEMENTO (capobanda) D)
NOME PIÙ AGGETTIVO (camposanto) E)
AGGETTIVO PIÙ NOME (altopiano) F)
VERBI PIÙ NOME (tostapane) G)
VERBO PIÙ VERBO (saliscendi) H)
AGGETTIVO PIÙ AGGETTIVO (agrodolce) I)
AVVERBIO PIÙ AVVERBIO (pianoforte) L)
AGGETTIVO PIÙ VERBO (belvedere) M)
VERBO PIÙ AVVERBIO (posapiano) N)
AVVERBIO PIÙ VERBO (benestare) O) PREPOSIZIONE PIÙ NOME (soprannome)
Solitamente il plurale dei nomi composti si
forma in maniera semplice, cioè come se si trattasse di una parola semplice, ma
ci sono molte eccezioni purtroppo che creano non pochi “grattacapi”! a)I nomi che sono composti da due
sostantivi normalmente formano il plurale nel secondo elemento della
parola: cavolfior…
1.Ce o C’è Dipende! Ce è una particella pronominale,
inclusa in verbi pronominali come ad esempio “avercela”: Si vede benissimo che
ce l’hai a morte con lui. C’è è la contrazione ci è= esserci essere
presente (nella forma singolare). Tra me e te c’è una bella differenza! 2.Da, Dà o Da’ Anche qui dipende! Da, semplice semplice, è la preposizione.
Vengo da Vicenza e tu? Il dà
accentato è la forma della terza persona singolare del verbo dare. Mamma te le
dà, se non la smetti! Il da’ con l’apostrofo è la forma della seconda
persona singolare dell’imperativo del verbo dare. Da’ una mano a tuo fratello! 3.Di, Dì o Di’ Dipende…da che dipende… Di= preposizione semplice. Quel mobile è fatto
di legno Dì= un sostantivo sinonimo di giorno. Prenda
la medicina tre volte al dì! Di’= forma della seconda persona singolare
dell’imperativo del verbo dire. Di' subito a mamma la verità, mascalzone! 4.E o ed? A o ad? La cosiddetta D eufonica (cioè dal bel suono)
va aggiunta nel caso la parola successiva inizi con la…
La superstizione è una credenza di natura irrazionale che
può influire sul pensiero e sulla condotta di vita delle persone che la fanno
propria, in particolare la credenza che gli eventi futuri siano influenzati da
particolari comportamenti senza che vi sia una relazione causale. La scaramanzia è una forma di superstizione secondo la quale
alcune frasi o gesti attirerebbero o allontanerebbero la fortuna o la sfortuna.
Un esempio è l'idea che dicendo
qualcosa, questa non accadrà, o potrebbe accadere il contrario di ciò che si è
detto. Per questo motivo ad esempio, in Italia, si augura solitamente il
contrario di ciò che si desidera che avvenga. Per esempio, a un cacciatore non
si dirà "Buona caccia", ma "In bocca al lupo" parola
entrata anche nel linguaggio comune e utilizzato per augurare "buona
fortuna" .
Nonostante la cultura moderna condanni a parole la superstizione, molte
credenze di questo genere sono estremamente diffuse anche nella società
occ…
La nobiltà si sa,
un po‘ di puzza sotto il naso ce l’ha! In molti degli
antichi nobili regni italici non tutte le parti dell’animale venivano
considerate degne di imbandire le reali tavole, le interiora ad esempio
venivano considerate insieme al piede e al muso del maiale degli scarti che
offendevano il buon gusto dei sovrani. La servitù e il popolino al contrario
presi com’erano dalla semplice necessità di sopravvivere erano molto meno
schizzinosi; ligi al principio per cui “non si butta via nulla” impararono a
cucinare al meglio anche questi scarti. Alcune storie
narrano che a Napoli le donne dei quartieri popolari scendevano verso il
palazzo reale e aspettavano fuori dalle cucine gli scarti della lavorazione
degli animali, per poi litigarseli a gran voce; queste donne prendevano l’appellativo
di zandraglie perché pur di avere la parte migliore e più cospicua del bottino
si picchiavano, accapigliavano e gridavano contro. Tutt’oggi a Napoli dire ad
una donna “sei proprio una zandraglia…
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