La nobiltà si sa,
un po‘ di puzza sotto il naso ce l’ha!
In molti degli
antichi nobili regni italici non tutte le parti dell’animale venivano
considerate degne di imbandire le reali tavole, le interiora ad esempio
venivano considerate insieme al piede e al muso del maiale degli scarti che
offendevano il buon gusto dei sovrani. La servitù e il popolino al contrario
presi com’erano dalla semplice necessità di sopravvivere erano molto meno
schizzinosi; ligi al principio per cui “non si butta via nulla” impararono a
cucinare al meglio anche questi scarti.
Alcune storie
narrano che a Napoli le donne dei quartieri popolari scendevano verso il
palazzo reale e aspettavano fuori dalle cucine gli scarti della lavorazione
degli animali, per poi litigarseli a gran voce; queste donne prendevano l’appellativo
di zandraglie perché pur di avere la parte migliore e più cospicua del bottino
si picchiavano, accapigliavano e gridavano contro.
Tutt’oggi a Napoli dire ad
una donna “sei proprio una zandraglia” significa usare un epiteto fortemente
dispregiativo.
La tradizione
culinaria popolare sfruttava e apprezzava questi scarti poveri, da ciò nacquero
delle vere e proprie professioni come ad esempio quella del carnacottaro, un
venditore di carni cotte (trippa, piede e muso di maiale e zuppa di frattaglie)
che serviva i clienti in piccole botteghe sempre aperte e fumanti. A Napoli c’erano poi anche i ventraiuoli, degli
ambulanti che vendevano le trippe lavate, lessate e sbiancate che si potevano
mangiare immediatamente, condite con un po’ di sale e limone.
Ma l’uso della
trippa in cucina risale a tempi ancora più antichi, i greci amavano farla alla
brace mentre gli antichi romani la usavano per farne salsicce.
Ancora oggi la
trippa è un alimento della tradizione culinaria di molte regioni italiane,
famosa soprattutto nella cucina romana, toscana e milanese viene tagliata a
striscioline e preparata nei più disparati modi.
Alcuni dei piatti
tipici della gastronomia italiana a base di trippa sono:
La trippa di
Moncalieri un salame piemontese molto saporito.
La trippa alla
fiorentina cucinata in tegame con verdure e salsa di pomodoro.
La trippa alla
romana anch’essa con salsa di pomodoro.
Il Lampredotto
cavallo di battaglia tra i cibi da strada fiorentini, chi visita Firenze non
può non assaggiare il panino col Lampredotto.
La busecca o
trippa alla milanese.
La trippa alla
parmigiana preparata con brodo di carne e abbondante parmigiano.
La trippa alla
genovese, con pinoli funghi, basilico, patate.
E se vi
innamorate follemente della trippa, provate anche: la trippa fritta, la pasta
col ragù di trippa, il Morzello (Morzeddhu alla Catanzarisi), la trippa della
suocera, la trippa al forno, la trippa coi fagioli, gli gnocchi di trippa, la
trippa alla napoletana, la trippa con le patate o la trippa in umido.
La trippa si può
comprare in macelleria o nei supermercati e viene venduta già lavata, pulita e
precotta, è un tipo di carne che non produce scarto, quindi se decidete di
cucinarla potete contare circa 250 grammi a persona.
Se volete
conservarla al meglio perché non ingiallisca tenetela in frigo immersa in
acqua.
Ma in realtà,
parlando di trippa a quale parte dell’animale ci riferiamo?
All’intestino?
No, la trippa è parte del cosiddetto quinto quarto e viene ricavata da diverse
parti dello stomaco dei bovini, il cui apparato digerente è costituito da tre
pre stomaci (rumine, reticolo, omaso) e da uno stomaco vero e proprio chiamato abomaso; queste parti sono diverse per aspetto, consistenza e gusto.
Il rumine (Ciapa,
Croce, Larga, Panzone) rappresenta la parte più grassa e spessa della trippa.
Il reticolo
(Cuffia, Beretta, Nido d’Ape) ha consistenza e aspetto spugnoso.
L’omaso (Centupezzi, Foiolo, Libretto, Millefogli, Centopelli) rappresenta la parte più
magra della trippa, ha una struttura lamellare fatta di molte pieghe biancastre
e ricorda un po’ l’aspetto di un libro.
L’abomaso
(Caglio, Francese, Frezza, Lampredotto, Quaglietto, Ricciolotta) è lo stomaco
vero e proprio, la parte più scura e vicina all’intestino, è una parte
piuttosto grassa. Una chicca da
buongustai e conoscitori è che lampredotto e trippa sono facilmente
distinguibili al palato in quanto la seconda è più saporita, mentre il primo ha
un sapore più delicato e meno accentuato.
La trippa è un
alimento magro (circa 100 grammi forniscono più o meno 98 kcal), non contiene
glucidi o fibre, ma una buona quantità di ferro e di vitamine del gruppo B; si tratta di un
taglio di carne decisamente ipocalorico, al contrario di quello che molti
credono.
A Firenze come
prima accennavamo è famosissimo il panino col Lampredotto che viene venduto in
banchetti sparsi per tutta la città e accompagnato da una salsina verde
piccante, birra o un buon bicchiere di vino rosso.
Già che ci siete…non
dimenticate di assaggiare anche la “poppa”, un’altra prelibata frattaglia che
deriva dalla ghiandola mammaria della mucca; la poppa si può gustare fritta,
lessa in insalata con sedano e cipolla, o al naturale, tagliata a cubetti e
cosparsa di sale.
Se siete a
Firenze e andate alla ricerca di un buon banchetto potete cercare nella zona di
piazza de’ Cimatori, a due passi dal Duomo e da palazzo Vecchio, oppure in via
Gioberti o anche alla famosa Tripperia il Magazzino in Piazza della Passera.
O
ancora nelle zone di S.Lorenzo, della Borsa Merci, della Pretura, di Rifredi o
del Galluzzo. A Firenze, dalla trippa non si scappa!
UNA RICETTINA PER
VOI
LA ZUPPA DEI CARRETTIERI
Chiamata così perché
era il cibo preferito dei carrettieri e zatterieri che trasportavano, lungo il
fiume Piave, il legname dal Cadore e dal Cansiglio a Venezia e che consumavano
nelle osterie ubicate lungo il fiume.
Una zuppa di trippe della tradizione
trevigiana, che veniva preparata in bianco (quindi senza pomodoro) e che era
usanza offrire ad amici e parenti che
andavano a prelevare lo sposo o la sposa la mattina del matrimonio.
La si poteva
gustare inoltre, bella calda e già di primo mattino, in tutte le osterie della
zona che esponevano il cartello “Oggi Trippa” e quasi sempre durante le fiere
paesane.
La base della
zuppa è un brodo di gallina:
Ingredienti per 4
persone :
per il brodo:
- ½ gallina
ruspante
- 1 costa di
sedano verde
- 1 cipolla
bianca
- 1 carota
- 1 porro con 1
chiodo di garofano inserito
- sale grosso
Mettete tutto a
bollire partendo dall’acqua fredda, al momento della bollitura cominciate a
togliere la schiuma che si forma in superficie, continuate l’operazione per 15
minuti circa, quando la carne è cotta e il brodo è maturo, spegnete il fuoco e
tenete da parte.
(P. S. queste
sono alcune regole per scegliere le porzioni: 4 litri di acqua per chilogrammo
e mezzo di carne, con 20 gr. di sale grosso, regolatevi di conseguenza )
Ingredienti per
la trippa:
- 400 gr. di
trippa precotta
- 1 cipolla
steccata con 2 chiodi di garofano
- 1 sedano verde
- 1 carota
- 1/2 limone biologico
- 1 crosta di
formaggio montasio stravecchio
- 2 foglie di
alloro
- 4 foglie di
salvia
- crostini di
pane
Esecuzione:
mettete sul fuoco un tegame capiente con acqua fredda, la trippa, cipolla
steccata, sedano, carota, l’alloro, una foglia di salvia e il ½ limone tagliato
a fette, fate bollire il tutto per circa 35 minuti. Scolate la trippa e
tagliatela a quadratini. Nel frattempo sgrassate il brodo, poi filtratelo e
ponetelo in un tegame sul fuoco e portatelo a bollore.
A questo punto
aggiungete la trippa a dadini, la crosta di montasio stravecchio opportunamente
lavata (attenzione solo la crosta, il formaggio va raschiato via) ed alcune
foglie di salvia spezzettate. Il brodo dovrà bollire per 30 minuti. Servire la
zuppa con sopra dei crostini di pane caldi.
Come vino ho
abbinato a questo piatto del Lison Classico del Veneto Orientale.
Al giorno d’oggi
le trippe non sono molto apprezzate o lo sono da parte di pochi estimatori, ma
fino a pochi anni or sono, erano molto gradite, in particolare nella mia zona.
Io da sempre conosco questo detto: “ pan padovan, trippe trevisane, donne veneziane”
( pane padovano, trippe trevigiane e donne veneziane ) . Non conosco l’origine
e la datazione di questo detto, ma comprendo che, all’epoca in cui è stato
coniato il detto, le trippe trevigiane, assieme al pane padovano e alle donne
veneziane, erano un piatto molto apprezzato e riservato a pochi privilegiati.
(Ricetta gratta
dal blog http://danieladiocleziano.blogspot.co.at/2010/04/zuppa-dei-carrettieri-trippe-in-brodo.html)
Ma la trippa è
talmente entrata nella tradizione italiana da ritrovarsi oltre che in
numerosissime ricette anche in tanti modi di dire:
NUN C'È TRIPPA
PE' GATTI
Sono tempi magri,
non c’è denaro da sprecare.
Questo popolare modo di dire romanesco è espressione che nacque ai primi del Novecento ascritta all'allora primo cittadino di Roma, Ernesto Nathan. La storia narra che quando al neoeletto sindaco venne sottoposto il bilancio del Comune per la firma, questi lo esaminò con cura chiedendo spiegazioni riguardo ad una voce che gli suonava strana "frattaglie per gatti".
Il funzionario che gli aveva portato il documento per la firma gli spiegò che si trattava di denaro che serviva a mantenere una colonia di gatti, il cui compito principale era difendere i documenti custoditi negli uffici e negli archivi del Campidoglio dai tanti topi che vi si trovavano.
Nathan depennò immediatamente la voce dal bilancio, controbattendo che ai gatti per sfamarsi dovevano bastare i roditori a cui davano la caccia, ed aggiungendo a margine la celebre frase "Non c'è trippa per gatti".
Questo popolare modo di dire romanesco è espressione che nacque ai primi del Novecento ascritta all'allora primo cittadino di Roma, Ernesto Nathan. La storia narra che quando al neoeletto sindaco venne sottoposto il bilancio del Comune per la firma, questi lo esaminò con cura chiedendo spiegazioni riguardo ad una voce che gli suonava strana "frattaglie per gatti".
Il funzionario che gli aveva portato il documento per la firma gli spiegò che si trattava di denaro che serviva a mantenere una colonia di gatti, il cui compito principale era difendere i documenti custoditi negli uffici e negli archivi del Campidoglio dai tanti topi che vi si trovavano.
Nathan depennò immediatamente la voce dal bilancio, controbattendo che ai gatti per sfamarsi dovevano bastare i roditori a cui davano la caccia, ed aggiungendo a margine la celebre frase "Non c'è trippa per gatti".
È FINITA LA
TRIPPA!
Sono finiti i
tempi delle vacche grasse, tempi in cui si mangiava a sbafo o gratis
GIOVEDÌ GNOCCHI,
SABATO TRIPPA
Nel dopoguerra le
trattorie romane cominciarono a servire a rotazione settimanale dei piatti
tanto semplici quanto tipici: il giovedì gli gnocchi, il venerdì il pesce (in
osservanza del precetto cattolico) e di sabato la trippa (manzi e vitelli si
macellavano solitamente alla vigilia della domenica), piatto sostanzioso che
anticipava la festa del giorno successivo.
A LA TRIPPA LA
MENTA, AR PISELLO ER PROSCIUTTO
E SU TUTT'E DUA
METTECE UN GOTTO
Un altro modo di
dire romano che suggeriva di cucinare la trippa con la menta, i pisellini col
prosciutto e di gustare poi il tutto con un bel bicchiere di vino.
DIVINTARI QUANTU
TRIDDINARI DI TRIPPA COTTA
Farsi piccolo
piccolo per paura o minacce altrui, piccolo come la quantità di trippa cotta
che si acquista con tre soldi.
FÀCCE 'NA FIGURA
DE TRIPPAROLO
Fare una figura
da trippaiolo cioè una pessima figura: il lavoro del trippaio non era dei più
stimati, associato com'era ad un cibo considerato di infima qualità.
LA TRIPPA DE
VACCINA FA VERGOGNA A CHI LA CUCINA
Modo di dire che
conferma come il precedente la bassa considerazione di cui godeva la trippa.
PAN PADOVANO, VIN
VICENTINO, CARNE FURLANA, TRIPPE TRIVIGIANE
Ad ognuno la sua
specialità, quindi il pane a Padova, il vino a Vicenza, la carne nel Friuli e
la trippa a Treviso.
VENESSIANI GRAN
SIGNORI, PADOVANI GRAN DOTORI,
VISENTINI MAGNA
GATI, VERONESI TUTI MATI,
TREVISANI PANE E
TRIPPE, ROVIGOTTI TABACCO E PIPE
Un detto popolare
veneto che gioca sugli stereotipi regionali.
TRIPPA AR SUGO E
BACCALÀ IN GUAZZETTO
Detto accennando
a qualsiasi cosa che torna a ripetersi come queste due pietanze che venivano
cucinate regolarmente ogni venerdì e sabato.
LA COSCIENZA È
COME LA TRIPPA: LA VIENE DA TUTTE LE PARTI
Un popolare
proverbio toscano.
TRIPPA E SECRE
SU' 'A VRIGOGNE DA ZUCCA
Trippa e bietole
son la vergogna della suocera.
A CHI PIACE LA
TRIPPA, A CHI ER BUDELLO
Proverbio
popolare romano.
A CASTELU PIACE
PIÙ LA TRIPPA CHE IL BUDELU
Proverbio
popolare dell'Umbria.
LU TROPPO È
TRIPPA
Ovvero il troppo
stroppia, in un proverbio popolare della Calabria.
LA TRIPPA È NNA
RITI: CHIÙ CI MENTI, CHIÙ CI CAPI
Proverbio
calabrese che letteralmente significa
"La trippa è
come una rete: più ci metti, più ne prende" riferito al fatto che la trippa
assorbe facilmente il sapore degli ingredienti ai quali viene abbinata
ACQUA COTTA, PANE
SPREGA E TRIPPA ABBOTTA
Proverbio
popolare romano
SEGGIOLA'EVI CHE
POI SI STRIPPA
"Mettetevi a
sedere che si mangia la trippa", un modo di dire del vernacolo fiorentino
PORTAI PINNICAS
CHE SU CENTU PILLONIS
Modo di dire
sardo per indicare una persona contorta e di difficile convivenza col prossimo
(Letteralmente
"Avere tanti anfratti come il centopelli della trippa")
T'A FAJE CU
LL'OVE 'A TRIPPA!
"Te la fai
con le uova la trippa!" in dialetto napoletano. La trippa rappresenta una
sfortunata situazione che uno deve per forza di cose affrontare, ed il
suggerimento di prepararla con le uova servirebbe a rendere meno difficile il
doverla mangiare, un po' come il poco di zucchero che serve a mandar giù la
pillola.
'A TRIPPA DI
ZIANATA
"La trippa
di tua zia!", un insulto siciliano utilizzato nel mondo della mafia
americana
A FIRENZE FACEVO
I' TTRIPPAIO
M'É SUCCESSO UN
GROSSISSIMO GUAIO:
LA MI' MOGLIE,
UNA DONNA PIACENTE
DAVA VIA LA
TRIPPA PE' NIENTE
Una simpatica
battuta a rima baciata che gioca sul doppio senso di "trippa"
MANGIA' LA BÜSECA
DE SAN BASSAN
VÖR DI' STAR BEN
TÜT L'AN
Letteralmente:
"Mangiare la trippa di San Bassiano, vuol dire stare bene tutto
l'anno": la leggenda sostiene che il vescovo Bassiano promise ai suoi
concittadini che la peste non avrebbe mai contagiato Lodi; così fu e per questo
Bassiano venne santificato e divenne il patrono della città lombarda, ricordato
il 19 gennaio di ogni anno con distribuzione della tradizionale "büseca de
San Bassan".
TRIPE TREVISANE
Pittoresco
eufemismo con il quale i barcaioli veneziani indicavano le "donne
mondane" (prostitute), anche dette "gratapanze".
LAMPREDOTTO E UN
BIANCO POSCIA
MEGLIO È ASSAI
D'UNA BRIOSCIA
Modo di dire
fiorentino:
un panino al
lampredotto si gusta meglio se accompagnato da un bicchiere di vino bianco.
vorrei porre un link ad alcune tue foto di questa post sulle mie pagine
RispondiEliminahttp://arsculinaria.blogspot.it/
Spero non ti dispiaccia.
Andrea Pacini
Un articolo molto interessante e dettagliato , ti ringrazio per aver citato la mia ricetta : la zuppa dei carrettieri . Un saluto, Daniela.
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