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L'italiano in un minuto - A Silvia


Quando rivedo questa scena non riesco a non scoppiare a ridere 😂😂
Il divertentissimo film italiano "Acqua e sapone" si apre con Rolando (il protagonista) che per sbarcare il lunario dà ripetizioni di italiano ad un improbabile gruppo di studenti stranieri e non.
Il tentativo di spiegargli la famosissima poesia di Giacomo Leopardi "A Silvia", termina in una catastrofe tragicomica.
Da questo video impariamo cosa significa: avere in testa, fare nero e come inizia veramente questa stupenda poesia italiana.

Buon divertimento e buono studio.
https://youtu.be/M5AV3PkDTEk

ENTRARE IN TESTA

Si dice di una cosa che viene capita

che resta impressa nella memoria.

Una cosa facile e comprensibile da memorizzare.

Questa regola non mi entra in testa = non riesco a capirla e ricordarla.


FARE NERO

Fare nero qualcuno significa riempirlo di lividi, picchiarlo. Pestare violentemente ma anche sconfiggere e battere un avversario.

Formula spesso usata in tono ironico.

Se torni a casa in ritardo ti faccio nero!


A SILVIA

DI GIACOMO LEOPARDI

Testo

Silvia, rimembri ancora
Quel tempo della tua vita mortale,
Quando beltà splendea
Negli occhi tuoi ridenti e fuggitivi,
E tu, lieta e pensosa, il limitare            5
Di gioventù salivi?

Sonavan le quiete
Stanze, e le vie dintorno,
Al tuo perpetuo canto,
Allor che all'opre femminili intenta        10
Sedevi, assai contenta
Di quel vago avvenir che in mente avevi.
Era il maggio odoroso: e tu solevi
Così menare il giorno.

Io gli studi leggiadri                15
Talor lasciando e le sudate carte,
Ove il tempo mio primo
E di me si spendea la miglior parte,
D'in su i veroni del paterno ostello
Porgea gli orecchi al suon della tua voce,    20
Ed alla man veloce
Che percorrea la faticosa tela.
Mirava il ciel sereno,
Le vie dorate e gli orti,
E quinci il mar da lungi, e quindi il monte.    25
Lingua mortal non dice
Quel ch'io sentiva in seno.

Che pensieri soavi,
Che speranze, che cori, o Silvia mia!
Quale allor ci apparia                30
La vita umana e il fato!
Quando sovviemmi di cotanta speme,
Un affetto mi preme
Acerbo e sconsolato,
E tornami a doler di mia sventura.        35
O natura, o natura,
Perchè non rendi poi
Quel che prometti allor? perchè di tanto
Inganni i figli tuoi?

Tu pria che l'erbe inaridisse il verno,        40
Da chiuso morbo combattuta e vinta,
Perivi, o tenerella. E non vedevi
Il fior degli anni tuoi;
Non ti molceva il core
La dolce lode or delle negre chiome,        45
Or degli sguardi innamorati e schivi;
Nè teco le compagne ai dì festivi
Ragionavan d'amore.

Anche peria fra poco
La speranza mia dolce: agli anni miei        50
Anche negaro i fati
La giovanezza. Ahi come,
Come passata sei,
Cara compagna dell'età mia nova,
Mia lacrimata speme!                55
Questo è quel mondo? questi
I diletti, l'amor, l'opre, gli eventi
Onde cotanto ragionammo insieme?
Questa la sorte dell'umane genti?
All'apparir del vero                    60
Tu, misera, cadesti: e con la mano
La fredda morte ed una tomba ignuda
Mostravi di lontano.

Parafrasi

Silvia, ricordi ancora
quel tempo della tua breve vita mortale
quando nei tuoi occhi ridenti e timidi
splendeva la bellezza, e tu, felice
e pensierosa, ti avvicinavi
al fiorire della giovinezza?
 Il tuo canto perpetuo risuonava
nel silenzio delle stanze, e nelle vie attorno,
quando sedevi presa dai lavori femminili,
felice di quel futuro misterioso
che provavi a immaginarti. Era il maggio
profumato: e tu passavi così ogni tua giornata.
 Io, di tanto in tanto, trascurando
gli studi amati e le pagine su cui mi affaticavo,
dove la mia giovinezza e il mio corpo
andavano consumandosi,
dai balconi della casa paterna
mi mettevo ad ascoltare il suono della tua voce,
e il ritmo rapido delle tue mani affaticate
nel tessere la tela.
Guardavo il cielo sereno,
le vie color dell’oro, le campagne,
e da un lato il mare, dall’altro le montagne.
Non esistono parole umane per descrivere
ciò che provavo in quei momenti…
 Che pensieri soavi, che speranze,
che emozioni avevamo, mia cara Silvia!
Come ci sembrava la vita
umana e il destino!
Quando ripenso a speranze così grandi,
un dolore disperato mi strugge il cuore,
e torno a dispiacermi
della mia sventura. O natura, natura,
perché non restituisci mai quello che hai promesso?
Perché inganni così tanto le tue creature?
 Tu, prima che l’inverno inaridisse l’erba,
Silvia, piccola mia, sfinita e vinta
da una malattia occulta, morivi. E non vedevi
il fiore dei tuoi anni, e non ti accarezzava il cuore
la lusinga per i tuoi capelli nerissimi,
e per il tuo sguardo vergine che fa innamorare;
né le tue amiche, nei giorni di festa,
chiacchieravano d’amore con te.
 Dopo non molto, morì pure
la mia speranza: anche a me il destino ha negato
gli anni della giovinezza. Ahimè,
come, come te ne sei andata, cara compagna
della mia gioventù, mia speranza rimpianta.
Sarebbe questo quel mondo?
Questi i piaceri, l’amore, le azioni, gli eventi
su cui tanto abbiamo fantasticato?
È davvero questa la sorte del genere umano?
All’apparire della verità
tu, misera, sei caduta:
e da lontano con la mano mi indicavi
una tomba spoglia e la fredda morte.

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